Garlasco - Ermanno Cappa, lo zio di Chiara, convoca i giornalisti per difendere le proprie figlie, Stefania e Paola: "Sono state travisate e bersaglio di giudizi malevoli e mortificanti. Siamo in un momento di lutto, siamo stanchi. Da questo momento preferiamo non parlare più, anche perché questo non è utile alle indagini. Di una cosa sono certo: la mia famiglia nel Lomellino si è fatta onore e continuerà a farsi onore per tanti anni". Quindi l'appello ai giornalisti: "Per favore, fate un passo indietro". E ai cronisti che chiedono chiarimenti sulla controversa storia del fotomontaggio, definito "autentico" da una delle gemelle in un memoriale pubblicato sul settimanale Oggi, dichiara: "E' una parola brutta (fotomontaggio, ndr). Le mie figlie volevano solo un ricordo insieme alla cugina...". Se "per una cosa del genere si rischia di essere sospettati di un delitto - ha proseguito - Kafka è stato un grande dilettante. Ma siamo diventati tutti matti. Parliamo di cose serie, per piacere".
In Procura per essere interrogato Alberto esce dalla caserma di Vigevano, dopo aver trascorso circa due ore lì' insieme ai suoi genitori e al suo avvocato e va in Procura: il fidanzato di Chiara Poggi ha chiesto di essere interrogato dal pm Rosa Muscio, per l'ennesima volta. Nel frattempo si attendono i risultati dei Ris sul capello insanguinato trovato tra le mani di Chiara. Potrebbe essere l'architrave dell'inchiesta, l'elemento di svolta nelle indagini che, per il momento, procedono a 360 gradi da parte degli inquirenti. Intanto il fidanzato della ragazza uccisa, Alberto Stasi, è stato ascoltato per due ore in caserma a Vigevano, dove si è recato insieme ai suoi genitori e al suo legale. Alcune incongruenze mettono in difficoltà la posizione del ragazzo, l'unico indagato per l'assassinio di Chiara. A quanto risulta agli investigatori ci sarebbe una terza falla nel racconto del 24enne che il 13 agosto scorso ha trovato la fidanzata priva di vita nella sua villa di Garlasco. Un’incongruenza che è un indizio per il pm Mascio che ha emesso nei confronti dello studente un avviso di garanzia. Ancora ignota l'arma del delitto, anche se si pensa che si possa trattare di un martello da muratore scomparso qualche giorno prima della morte di Chiara da un cantiere a 100 metri dalla casa di Alberto e in cui lavora come volontaria Stefania Cappa, una delle cugine di Chiara. Che ha dichiarato: "Indagate su di me, non ho nulla da temere".
La conferenza stampa e le incongruenze delle cugine Lo zio di Chiara, Ermanno Cappa, ha convocato una conferenza stampa davanti a casa sua per questo pomeriggio: vuole sottolineare l'estraneità delle figlie alla triste vicenda della nipote. Stefania è stata sentita più volte dai magistrati come teste. E Paola ha scritto un memoriale sul settimanale Oggi per ricordare la cugina scomparsa, ma qualcosa non funziona: mentre Stefania dice che la foto che le ritrae tutte e tre insieme è un fotomontaggio, Paola dice che l'immagine è stata immortalata cinque anni fa a Loano.
Le scarpe e il volto di Chiara A convincere la Procura di Vigevano ad indagare il giovane per il delitto non sarebbero stati solo i particolari delle suole "pulite" delle scarpe che indossava al momento del ritrovamento del corpo di Chiara - e che avrebbero dovuto invece sporcarsi di sangue se il ragazzo si fosse avvicinato alla porta della taverna della villa dove era riverso il cadavere - e del "volto bianco di Chiara" - come dice di esserselo ricordato Alberto a differenza dei carabinieri che, solo pochi minuti dopo la chiamata al 118, si sono trovati di fronte ad una maschera di sangue.
Sfuma l'ipotesi del martello come arma Non dovrebbe essere stata una mazzetta da muratore l’arma con la quale, lunedì scorso, è stata uccisa Chiara. Lo sostengono fonti vicine all’Istituto di medicina legale di Pavia, nel quale è stata eseguita l’autopsia della giovane.
Secondo gli esperti infatti, le impronte lasciate da una mazzetta sono "quadrate, circoscritte e di forma regolare", mentre le lesioni sul capo di Chiara sono "atipiche, non definite e frastagliate". Circostanza, quest’ultima, che comporta una notevole difficoltà nell’individuare l’arma del delitto.Il pigiama rosa Ad Alberto Stasi il pm Rosa Muscio ha infatti contestato anche il particolare del colore del pigiama di Chiara: quando ha trovato la fidanzata distesa sulle scale della cantina, il giovane ha detto di aver notato che Chiara indossava un pigiama rosa mentre, sotto la luce "insufficiente" del lampadario che si trova lungo la rampa di villa Poggi, non avrebbe potuto, secondo gli investigatori, distinguerne il colore. Ai soccorritori e ai carabinieri, infatti, i pantaloncini e la canottiera da notte indossati dalla vittima erano apparsi in un primo momento bianchi e, solo alla luce del sole hanno scorto il reale colore del pigiama che Alberto Stasi ha detto di non aver mai visto prima di quel momento indosso alla sua ragazza. Un motivo ulteriore che ha portato la Procura ad emettere a carico del 24enne l’avviso di garanzia che gli è stato notificato due giorni. fa.
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