Noiosa, incomprensibile, inutile. Così appare la Filosofia a chi abbia avuto la sventura di fare la sua conoscenza nel modo sbagliato. O per colpa di un intermediario (leggi professore) mediocre e superficiale che ha posto fin dallinizio la signora in cattiva luce («va con tutti ma non si dà a nessuno»...). O perché, non essendoci un reale, spiccato interesse, la si è abbordata per «una botta e via», dove per «botta» può intendersi anche la laurea, e magari pure il dottorato. O perché Lei, la signora stessa, era in uno di quei giorni, dunque oltremodo lunatica, astrusa, intrattabile... diciamo in preda allhegelismo più truce o al lacanismo più logorroico.
Poi, come se non bastasse, ci si mettono anche lattualità e la cronaca, a dare di madonna Filosofia unimmagine non proprio accattivante: esimi cattedratici sorpresi a copiare come studentelli maleducati dal compito del vicino di banco; cattedratici altrettanto esimi che vanno in televisione a fare la figura dei pirla dicendo la loro su tutto; testi scritti con pressappochismo degno di peggior causa; dibattiti sulla «filosofia sacchiana del 4-4-2» o sulla «filosofia» della dieta macrobiotica.
Eppure... Eppure Lei sa essere brillante, spiritosa. Addirittura comica, quando vuole. E anche quando non vuole. Del resto, la comicità involontaria è quella che fa più ridere. Perché se è vero che fior di cervelloni si sono esercitati, serissimamente, sul riso (Bergson), sul motto di spirito (Freud), sulle facezie (Voltaire), è altrettanto vero che loro stessi, i cervelloni, si sono loro malgrado prestati a... subire pan per focaccia, venendo esposti al pubblico ludibrio a causa delle loro manie, dei loro tic, delle loro fobie. Così, di tanto in tanto, giusto per cambiar laria alle spesso fumose stanze deputate alle elucubrazioni sullEssere, lEtica, il Linguaggio, il Nulla e il Tutto, madonna Filosofia spalanca le finestre sulle psicopatologie della vita quotidiana.
E allora il suo bel volto maturo si distende in un lieve sorriso vedendo Talete caduto in un pozzo perché tutto preso a contemplare il firmamento; oppure Socrate mogio mogio uscir di casa inseguito dalle urla della moglie Santippe; o sentendo Erasmo rispondere così a un tale che gli rimprovera di mangiar carne il venerdì: «La mia anima è cattolica, ma il mio stomaco è luterano»; e Schopenhauer che, in collera con ladorato cane Butz, lo apostrofa usando il peggior epiteto per lui (nel senso di lui cane e lui Schopenhauer, notoriamente misantropo): «Umano!».
E ancora, ecco spuntare il riso sardonico di Democrito, il battutista più celebre dellantichità; ecco Buddha il quale, al monaco che gli parlava della sua lunghissima penitenza, dicendo che ora, terminatala, avrebbe potuto camminare sulle acque, risponde: «Perché vuoi camminare sullacqua, se ci sono le barche?»; ecco loscuro Hegel abbandonare per un momento labituale seriosità per liquidare con una frase la convinzione di Schleiermacher, secondo il quale la religione si basa sul sentimento di dipendenza di fronte a qualcosa di superiore: «Se così fosse, i cani sarebbero le creature più religiose del mondo»; ecco Popper che zittisce Wittgenstein al culmine della famosa lite di Cambridge, quando lautore del Tractatus logico-philosophicus, brandendo un attizzatoio, gli intima: «Mi dia un esempio di regola morale!», e lui: «Non minacciare il conferenziere con un attizzatoio...».
Certo, Bertrand Russell, parlando su ispirazione del suo ben noto umorismo britannico, esagera sostenendo che «ogni atto dintelligenza è un atto dironia». Però è vero che il filo rosso dellironia, dellaneddoto curioso, del motteggio, è una guida amena ed efficace per orientarsi nellaffollato pantheon degli adepti di madonna Filosofia. Lo segue, con la dovuta levità, Pedro González Calero dipanando il suo Rido ergo sum (Ponte alle Grazie, pagg. 192, euro 11, traduzione - dalloriginale intitolato, ancor più efficacemente, Filosofia para bufones - di Claudia Marseguerra). Ridendo e scherzando, si parte dal distratto Talete e si arriva allapocalittico Cioran. Lunica nota stonata è nei «Ringraziamenti», dove lautore ricorda «mia madre e le mie sorelle Mila ed Ele, che hanno sopportato pazientemente il mio malumore nei giorni in cui ero immerso nella stesura di questo volumetto». Ma forse quel «malumore» non è poi così strano: non si dice sempre che i bravi comici sono tutti un po tristi?
González Calero (e noi con lui se, leggendo le battute dei - e sui - maestri del pensiero saremo scivolati inavvertitamente nelle acque profonde e infide dellalta teoresi) può tirarsi su di morale con un libretto ancor più ameno del suo: il Philogelos, ovvero Come ridevano gli antichi (il melangolo, pagg. 158, euro 10, a cura di Tommaso Braccini, prefazione di Maurizio Bettini). Dove, se si fa filosofia, la si fa di sguincio, pensando ad altro, occupandosi esclusivamente di mettere alla berlina qualcuno. Perché di vere e proprie barzellette si tratta, con gli «scolastici» (nel senso lato di «intellettuali») al posto dei carabinieri, gli abitanti di Cuma al posto degli inglesi (per gli irlandesi e gli scozzesi), quelli di Abdera al posto dei polacchi (per i tedeschi) e quelli di Sidone al posto degli ebrei (per gli ebrei medesimi, notoriamente campioni mondiali nellauto-presa per i fondelli).
Il Philogelos, che significa «amico del riso», è una raccolta di storielle tanto problematiche dal punto di vista filologico, quanto gustose nellottica della commedia umana. Lipotesi più accreditata le attribuisce a due non meglio identificati studiosi del V secolo d.C., Ierocle e Filagrio, i quali a loro volta avrebbero attinto a un corpus comico risalente a Filistione di Prusa, vissuto in età augustea e, dice la vulgata, letteralmente morto dal ridere. Del resto il genere vanta antecedenti di pregio.
Insomma, se il riso, come si dice, abbonda sulla bocca degli stolti, non significa che sia assente da quella dei saggi, tuttaltro. Chiedete conferma a madonna Filosofia...
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