"Engagement", la parola d'ordine della finanza sostenibile

Un termine che permette di capire come la finanza sostenibile sia innanzitutto una questione di relazioni umane nel mercato

"Engagement", la parola d'ordine della finanza sostenibile

Nel mondo della finanza sostenibile il termine engagement sta diventando sempre più diffuso per descrivere la situazione in cui investitori, banche e imprese si trovano a dialogare per sviluppare al meglio piattaforme basate su obiettivi di sostenibilità di medio lungo periodo, conoscenze approfondite delle logiche Esg (Environment, Social, Governance) di gestione dei portafogli e dinamiche operative capaci di diffondere pratiche e consapevolezza. Engagement, in inglese, può significare sia "impegno" che "fidanzamento", e non è un caso: indica il dialogo costruttivo tra investitori e aziende. Grazie a questa strategia, gli operatori finanziari possono accompagnare le imprese nel percorso di integrazione della sostenibilità nelle strategie e nelle attività aziendali, fissando tempistiche e obiettivi chiari, aprendo a una gestione da parte dei consigli di amministrazione tale da garantire trasparenza e prospettive chiare, evitando il rischio greenwashing e incentivando il pragmatismo.

Il mondo della finanza sostenibile richiede tempi più stretti per le decisioni e prese di posizione più attive rispetto al passato. Gli investitori devono fissare chiaramente cosa significa "sostenibile°, indicare i progetti più redditizi e i campi di applicazione, denominare con attenzione i prodotti finanziari a tema Esg; le imprese possono e devono capire l'importanza del mondo Esg per le loro strategie, ma applicare pratiche di cambiamento dei loro processi, provvedere a investimenti e analizzare le loro strategie in modo tale da mantenersi sempre pronte a cogliere le nuove opportunità e sfidare i rischi, soprattutto nel campo della transizione energetica. Manager e azionisti devono, infine, dialogare attivamente.

Prima degli ultimi anni, i manager erano più coinvolti nella gestione degli investimenti rispetto ai detentori di capitale a causa dell'adozione di un approccio di investimento più coinvolto in generale. Tuttavia, di recente, i gestori del capitale storicamente più "passivi" stanno diventando, nelle compagnie più aperte al mercato, amministratori del capitale sempre più attivi. Poiché i detentori delle azioni sono "proprietari permanenti e universali" delle quote, sono particolarmente esposti a rischi sistemici crescenti come i cambiamenti climatici, che minacciano la stabilità finanziaria a grandi linee, come ha concluso lo scorso anno un rapporto della Commodity Futures Trading Commission degli Stati Uniti.

L'engagement in finanza sostenibile lavora su due prospettive. Una prima è quella del rapporto tra finanza e imprese, dunque dell'adozione di pratiche orientate allo sviluppo sostenibile grazie alla trasmissione delle priorità dal mercato dei capitali all'economia reale. Una seconda è quella del rapporto, tanto nelle istituzioni finanziarie quanto in quelle industriali, tra un management slegato dalla proprietà e i possessori di capitale sempre più attivi, specie a livello di azionariato diffuso. L'engagement spinge a una crescente ibridazione tra proprietà e controllo, allo sviluppo di una finanza attenta alla filiera, al mercato prima ancora che alla semplice rendita da capitale.

Nel mondo, ricorda il World Resource Institute in una sua ricerca, già molte associazioni lavorano in direzione di un crescente engagement sulla finanza sostenibile: "Climate Action 100+ coordina gli investitori per impegnarsi con le aziende, spingendole a ridurre le emissioni e migliorare la divulgazione del clima. Le sue centinaia di firmatari detengono ben 55 trilioni di dollari di asset in gestione, rendendoli un gruppo che i dirigenti non possono ignorare. Tra gli altri successi, Climate Action 100+ ha già approvato una risoluzione per la Chevron di cessare le lobby contro l'azione per il clima e per la Southern Company di fissare un obiettivo netto zero per il 2050. Anche i singoli investitori possono unirsi allo sforzo". E inoltre sul fronte della transizione energetica e dell'impegno a investimenti più orientati a rami Esg anche il gigante dell'asset management, BlackRock, nel 2021 "ha raddoppiato la percentuale con cui ha sostenuto le proposte degli azionisti dal 17% al 35%, il che può essere attribuito in parte alla pressione degli attivisti su BlackRock".

In Italia è il Forum per la Finanza Sostenibile a promuovere entrambe le dimensioni dell'engagement tra banche e imprese da un lato e tra manager e investitori dall'altro. E anche Etica Sgr sul suo sito rivendica le dinamiche di engagement con ben 234 imprese nel 2021: "Nel corso del 2020 abbiamo partecipato a 49 assemblee votando circa 500 punti all’ordine del giorno. Il voto in assemblea di Etica Sgr, il cosiddetto azionariato attivo, è avvenuto con la partecipazione alle assemblee degli azionisti delle imprese per le società italiane e con il voto tramite piattaforma elettronica per le società straniere". Per il 37% dei casi i voti erano non in linea con le indicazioni del management, a testimonianza della volontà di promuovere una crescente transizione verso la sostenibilità delle imprese target. Il dialogo passa anche per il confronto di idee, spesso tenuto sottaciuto nei CdA aziendali e bancari: la transizione e la finanza sostenibile non sono pranzi di gala e, come ogni rapporto, anche quello investitori-manager e banche-aziende passa per un dibattito sulle priorità future dei protagonisti del mercato.

In generale, con l'engagement il vantaggio maggiore è rappresentato dalla valorizzazione di una crescente trasparenza delle relazioni tra i soggetti di mercato. Unica modalità con cui la finanza sostenibile può prendere piede attivamente.

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