Finanza sostenibile

Microcredito, la "finanza sostenibile" dei Paesi in via di sviluppo

Il microcredito aiuta a sviluppare una vera finanza sostenibile sul piano sociale? La lezione di tre Premi Nobel sembra confermarlo

Microcredito, la "finanza sostenibile" dei Paesi in via di sviluppo

La finanza "sostenibile" a suo modo ha avuto un'anticipazione nelle attività con cui in diversi Paesi in via di sviluppo si è, nei decenni scorsi, provato a istituire le regole base del gioco finanziario attraverso lo strumento del microcredito. Una forma di finanziarizzazione della vita comunitaria che ha, a suo modo, delle forme di sostenibilità alla base.

Sostenibilità dell'investimento, proporzionalità tra mezzi e fini, obiettivi di sviluppo comunitario uniscono in diversi contesti le dinamiche del microcredito a quelle di contesti molto diffusi in aree come l'Africa, il Sud-Est Asiatico, l'America Latina: regioni del mondo ove in contesti locali prevale un'economia o di sussistenza a base agricola o, in altri casi, fondata su contesti largamente informali. Milioni di famiglie vivono con i proventi delle loro piccole imprese e delle cooperative nell'ambito di quella che è una vasta economia informale senza la possibilità di poter rompere in tempi utili la trappola della povertà.

Col principio del microcredito i suoi fautori intendono ovviare alla ridotta dimensione del tessuto finanziario nei Paesi in via di sviluppo e alla mancanza di reti formali strutturando contesti economici di rete in cui i prestiti sono gestiti in forma dinamica, con l'incentivo a promuovere iniziative di gruppo per garantire economie di scala. Prestiti mirati a precise azioni, in genere di natura imprenditoriale, con interessi stringenti, spesso da ripagare in breve termine o su base periodica ristretta, per azioni vagliate dalla comunità dei debitori e dei creditori coinvolti aiutano a trasmettere la cultura finanziaria di comunità attraverso il microcredito. Il tutto in un contesto ove il rimborso di un componente di un gruppo dipende dal successo di rimborso di un altro membro e in cui l'avanzamento del sistema del microcredito permette di mobilitare risorse economiche per sottrarre spazi all'informalità e, soprattutto, alla criminalità che prospera nel sottosviluppo.

La trappola della povertà era il grande timore di chi, come il Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, iniziò a studiare i principi del microcredito oltre mezzo secolo fa. Yunus, economista bengalese, ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo del Bangladesh con la sua Grameen Bank, assieme alla quale ha ricevuto il Nobel nel 2006 per il ruolo sociale del microcredito. Il sistema avviato negli Anni Settanta, dopo l'indipendenza del Paese dal Pakistan, da Yunus e dai suoi colleghi si fondava sullo sviluppo di microprestiti alle popolazioni povere locali proposti senza richiedere garanzie collaterali. Il sistema si basava sin dall'inizio sull'idea che i poveri abbiano attitudini e capacità imprenditoriali sottoutilizzate e sulla fiducia nella loro capacità di realizzarle. Lo spirito di gruppo avrebbe fatto il resto e il focus sulla parte femminile della popolazione sdoganato l'allargamento della base demografica dei partecipanti al mercato del lavoro.

Le istituzioni di microcredito fanno affidamento sulla loro capacità di tenere sotto stretto controllo il cliente, ma lo fanno in parte coinvolgendo altri mutuatari che conoscono i clienti. Il tipico contratto, come detto, prevede prestiti a un gruppo di mutuatari, che sono responsabili dei prestiti reciproci e quindi hanno un motivo per cercare di assicurarsi che gli altri ripaghino. Laddove le istituzioni si discostano chiaramente dal tradizionale prestito di denaro è nella rimozione di quasi tutta la flessibilità. Gli usurai consentiranno ai loro mutuatari di scegliere come prendere in prestito e come rimborsare, settimanalmente, mensilmente o così via, mentre un cliente di microfinanza di solito, deve rimborsare un importo fisso ogni settimana, a partire da una settimana dopo la concessione del prestito. Inoltre, il mutuatario deve effettuare il pagamento alla riunione settimanale, che è sempre a un'ora fissa per ogni gruppo organizzato da ogni istituzione emittente. Ciò consente a un funzionario di prestito di raccogliere il rimborso da 100-200 persone ogni giorno. Tutte queste innovazioni contribuiscono a ridurre i costi amministrativi del credito.

Molti studi dimostrano che il microcredito riduce la povertà, creando opportunità di generare reddito, una maggiore occupazione e redditi più alti, mentre più incerto è il discorso sulla capacità di uscire da un eventuale fallimento dei progetti avviati con possibilità di rilancio. Tra i maggiori studiosi del microcredito si segnalano i Nobel dell'Economia 2019 Abhijit Banerjee e Esther Duflo, i quali hanno quantificato gli effetti del microcredito a partire dalla sua nazione d'origine, il Bangladesh. Banerjee e Duflo ne L'economia dei poveri ricordano come dal suo sviluppo negli Anni Settanta la microfinanza in Bangladesh sia aumentata fino a coinvolgere tra 150 e 200 milioni di mutuatari, principalmente donne, ed è disponibile per molti di più. Altri Paesi hanno visto, secondo gli studi dei due autori, progetti di successo: Kenya, Perù, Bosnia, Etiopia, India, Messico, Marocco, Mongolia. Tanto che il microcredito ha raggiunto anche i confini dei Paesi più sviluppati.

Per le società avanzate si tratta di sconfiggere la possibilità che a colpire sia il “fantasma della povertà”, ovvero il progressivo deterioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli e svantaggiate della popolazione (anziani, disabili, giovani non qualificati, lavoratori dei settori “sconfitti” dalla globalizzazione) indicato già nel 1995 da Edward Luttwak, Carlo Pelanda e Giulio Tremonti come la principale minaccia alle società occidentali in un omonimo saggio. Crisi finanziarie, pandemia, blocco del credito, riduzione della popolazione lavorante, minor dinamismo economico, incertezza per il futuro rischiano di tramutare l'esclusione sociale di una fetta consistente della popolazione in un fattore di de-sviluppo in Paesi come l'Italia. Ragion per cui i "nuovi poveri", i piccoli imprenditori a corto di liquidità, gli aspiranti ricercatori di finanziamenti peer-to-peer possono fare delle logiche del microcredito un volano di sviluppo. In grado di combattere le prospettive negative del sottosviluppo anche nei nostri lidi.

Dei tre principi (Environmental, Social, Governance) degli obiettivi Esg di finanza sostenibile, del resto, il secondo è quello veramente importante. Perché la finanza sia sostenibile deve mettere al centro l'uomo prima ancora del consumatore. E una finanza che esclude arbitrariamente una fetta di popolazione non crea sviluppo.

Ragion per cui il microcredito può fornire, nella sua semplicità e schiettezza, un fattore di rilancio per sistemi in anemia e crisi.

L'economia dei poveri

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