Fincantieri e Arsenale La nostra ricetta è sempre valida

È da poco più di un anno che il mondo politico, economico e sindacale del nostro territorio dibatte, finalmente in maniera assidua attraverso conferenze e interviste contornate da polemiche e critiche con i vari sottosegretari alla difesa di turno, di quali scelte debbono essere fatte per risollevare le sorti dell’Arsenale Militare della nostra città, Arsenale che ha da anni perduto il suo ruolo di elemento trainante dell’economia spezzina e di importanza strategica per la Marina Militare.
I firmatari della presente, ormai pensionati di aziende Finmeccanica e Fincantieri ed ex sindacalisti mai «usciti» dalla fabbrica, intendono nuovamente indicare soluzioni già dagli stessi suggerite dagli inizi degli anni ’90 sino a poco tempo fa a mezzo stampa e convegni patrocinati dal proprio sindacato di riferimento; suggerimenti che soltanto oggi, in maniera tardiva e non compiutamente compresi, sembra vengano essere «scoperti» da quel mondo politico-economico-sindacale che dovrebbe, per il ruolo e le responsabilità ad esso riconducibile, essere dotato di lungimiranza, intuizione, tempestività decisionale e di azione che i fatti dimostrano così non essere.
Eravamo partiti dalle seguenti considerazioni e conseguenti ipotetici percorsi di ristrutturazione dell’opificio della Marina e dell’Industria operante per la stessa: dalla realizzazione dell’Arsenale e dalla nascita delle attività di vario tipo ad esso collegate direttamente ed indirettamente, è sorta e cresciuta quella che possiamo definire la città moderna; è nata cioè l’impalcatura di quella che è la città che oggi conosciamo.
È innegabile che, grazie alla presenza della Marina militare e del suo Arsenale, si erano create tutte le condizioni perché il territorio prosperasse e crescesse in termini economici ed occupazionali con un incremento rapido ed al riparo degli andamenti alterni dell’economia nazionale perché, di fatto, La Spezia ed il suo territorio viveva in una sorta di economia assistita.
Poi incominciò il cahier de doleance!
A partire dalla fine degli anni ’80, con l’abolizione della Legge sui fondi di dotazione alle PP.SS, era ormai chiaro che non era più possibile continuare a pensare ed operare come se nulla fosse cambiato o stesse cambiando; insomma era ben chiaro che l’economia della città non avrebbe più dovuto basarsi e confidare soltanto sugli aiuti di Stato.
Eravamo quindi in una situazione in cui, pur essendo presenti sul territorio notevoli potenzialità industriali collegate al mondo della Difesa, ci si ritrovava tout court a dover fare i conti con una incertezza di risorse per lo stesso mondo.
Con questa realtà doveva fare i conti la classe dirigente e, a partire dagli anni ’90 con la crisi e successivo scioglimento dell’Efim, li ha fatti. Ma li ha fatti male!
Anziché salvaguardare tutto quello che di positivo esisteva, anziché razionalizzare i due mondi - industria ed Arsenale -, anziché rendere competitive le realtà esistenti e che erano state, e parzialmente lo sono ancora, fonte di ricchezza per tutti, è stato buttato alle ortiche l’acqua sporca con il bambino!
Avevamo indicato quale doveva essere la via per poter non solo salvare ma rendere concorrenziale, sia l’Industria che l’Arsenale Militare, rendendolo uno stabilimento preparato ed attrezzato per essere individuato qual vero Arsenale con missione logistica e di maintenance di primo, secondo e terzo livello per Unità Navali italiane e dei Paesi della Nato. È da tempo che l’Europa pensa ad un Sistema di difesa europeo integrato. Questo vuol dire anche che le Marine europee avranno (ed in parte già hanno) Unità navali simili se non uguali e sicuramente dotate degli stessi Sistemi d’Arma. Le Frem ne sono un esempio. Se il nostro Arsenale diventasse un vero Arsenale con mission logistica, potrebbe allora proporsi come Centro europeo di formazione ed addestramento degli equipaggi, oggi sempre più costituito da personale tecnico ed ingegneristico. Avevamo ben capito che stavano per finire i tempi dello «stucco e pittura fan bella figura!» Ma è altrettanto vero che l’Arsenale non potrebbe assolvere quel ruolo primario che vogliamo e pretendiamo senza l’ausilio, il supporto, la collaborazione, la messa a disposizione del know-how e della capacità di effettuare ricerca da parte dell’Industria.
Eravamo convinti, ed oggi lo siamo ancor più, che questa sia la strada per poter rilanciare la nostra industria ed il nostro Arsenale.


Contrariamente alla Giunta ed al Consiglio comunale della nostra città, non crediamo proprio che si rilanci l’economia del nostro territorio chiedendo allo SMM la permanenza nella nostra città di Nave Cavour!
Nave Cavour è costata un patrimonio ai cittadini italiani e non possiamo «imprigionarla» nel nostro mare per qualche pizza, paio di scarpe o vestito in più a guadagno dei nostri esercizi commerciali!
Nave Cavour deve andare dove la Marina Militare riterrà opportuno vada per salvaguardare gli interessi del Paese!
Alla Marina dobbiamo offrire e chiedere altre cose!
Paolo Lo Giudice

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