In quel tempo la «nera» faceva spettacolo. «Sia nei teatri che nei luoghi di ritrovo, nelle bettole e nelle case di tolleranza, nei quartieri malfamati come in quelli signorili» solo un nome risuonava: Antonio Boggia. La vicenda della «belva umana», che a metà dellOttocento si macchiò di quattro omicidi, viene narrata da Giovanni Luzzi (1901-1982), con la scienza di un avvocato penalista, nel volume «Il giallo della stretta Bagnera», edizioni Pagine Disparse.
Chi fu Antonio Boggia? Imprenditore edile fallito, poi capomastro, massacrò a colpi di scure le sue vittime, tre uomini e una donna, e fu accusato anche di un tentato omicidio e truffe varie. La sua efferatezza scatenò una tale caccia al mostro nella Milano del 1860, che Boggia divenne tristemente famoso per tre particolari: fu lultimo impiccato del Regno dItalia, ma non essendoci più un boia in vita molti cittadini si candidarono per essere gli esecutori sul patibolo di un uomo, il cui cranio venne sottoposto a studi nellospedale Maggiore della città. «Era il Boggia la belva umana, il mostro, o, più semplicemente, un alienato?».
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