Emanuela Fontana
da Roma
Gli echi della rivolta di Bengasi contro il consolato italiano potrebbero arrivare anche in Italia. Il rapporto con la Libia, «Paese amico» è ottimo, ma lItalia «nellottica jaddista rappresenta il cuore dellOccidente crociato alleato con gli Stati Uniti». Sono le parole del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu ieri alla Camera, davanti alle commissione riunite Affari costituzionali ed Esteri. Pisanu era affiancato dal ministro degli Esteri Gianfranco Fini, che ha affermato che senza la maglietta indossata dallex ministro Calderoli probabilmente non ci sarebbe stato alcun attacco al nostro consolato. Una posizione chiara la sua, anche se Fini ha aggiunto che Calderoli ha avuto «la sensibilità istituzionale e politica di presentare le dimissioni» e che il vero problema, al di là della maglietta, «è lintegralismo». Dal vicepremier anche un appello allopposizione: «Attenzione a non cavalcare le violenze di Bengasi per puro calcolo elettorale. Commettereste un errore uguale e contrario a quello che è stato rimproverato al senatore Calderoli». Ma la sua posizione scatena lira della Lega: sono dichiarazioni «inaccettabili - dice il ministro della Giustizia Roberto Castelli -. Non ci volevo credere. Guardando il resoconto stenografico ho dovuto prendere atto che ha detto questa cosa. È inaccettabile che Fini esprima unopinione di tale gravità, non suffragata da alcun fatto mentre molti fatti attestano lipotesi opposta».
I morti dellassalto di Bengasi di venerdì sono 14, ha dunque spiegato Fini, e tra loro vi sono anche cittadini «non libici», di altri Paesi arabi. Un episodio «che ci ha addolorati», ha commentato Pisanu, anche perché «riconosciamo nella Libia un Paese amico, un partner determinato nella lotta al terrorismo» e con il quale i rapporti rimangono buoni anche dopo Bengasi. Il «comune dolore» dei due Paesi per le vittime della città libica, una circostanza in cui il governo di Tripoli «si è adoperato in ogni modo per tutelare i nostri connazionali, deve «rinforzare il dialogo», si è augurato Pisanu davanti a onorevoli e senatori.
In questo momento «nulla induce a previsioni pessimistiche per la sicurezza interna». L'unica ripercussione per ora è stata «un limitato volantinaggio» che invitava a boicottare alcuni prodotti europei ed italiani. Ma questo non evita di poter «escludere lipotesi di autonome iniziative di rivalsa, anche individuali, sia contro i simboli e le istituzioni degli Stato accusati di oltraggio allIslam, sia contro lItalia», ha sottolineato il ministro.
I motivi che stanno dietro alle proteste risiedono soprattutto «nellondata di violenza globale - è lanalisi di Fini - che è stata scatenata dallintegralismo islamista, di cui quello di Bengasi non è stato che un episodio, anche se particolarmente drammatico e sanguinoso». Ma l'iniziativa della maglietta di Calderoli ha indirizzato questa violenza contro lItalia. «È verosimile - ha dichiarato il vicepremier - che senza i motivi offerti dalle affermazioni di Calderoli, nonché dalla loro reiterazione con intenti apparsi provocatori, le manifestazioni di Bengasi difficilmente avrebbero preso di mira obbiettivi italiani». Detto questo, e che le dimissioni dellex ministro leghista «erano un atto dovuto», Fini sostiene però che il vero problema sono la violenza e un integralismo pericoloso, testimoniato dai dati: il 20% dei musulmani londinesi, per esempio, «manifesta comprensione se non approvazione per lattentato di luglio. E «guai a strumentalizzare» gli attacchi dellintegralismo allItalia, ha avvertito il ministro egli Esteri: si darebbe ai «fanatici» limpressione di «trarre vantaggio a seguito delle nostre divisioni: non cè campagna elettorale che possa giustificare simile miopia».
Il punto fermo davanti allintolleranza deve essere però il dialogo, ha suggerito Pisanu alle commissioni riunite: «Non cè provocazione, non cè strumentalizzazione, non cè aggressione che possa far venir meno la nostra volontà di dialogare, nel rispetto reciproco con governi e popoli».
Il rapporto di amicizia con lislam potrebbe essere facilitato dal canale della Consulta islamica, creata lo scorso anno a Roma con un ruolo di consulenza per Viminale e governo, e che «se crescendo venisse riconosciuta come soggetto giuridicamente rappresentativo del mondo islamico - anticipa il titolare dellInterno - potrebbe diventare linterlocutore dello Stato per la stipula di una eventuale intesa».
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