Il Fini che «unisce» ha solo veleno per tutti

nostro inviato a Mirabello (Ferrara)

«Noi di Futuro e Libertà lavoriamo per unire, non per dividere»: è uno dei passaggi del discorso di Gianfranco Fini. È l’ennesima riprova della svolta simil-veltroniana del presidente della Camera. Il primo segretario del Pd aveva la passione del «ma anche», Fini del «sì, però»: cioè tutto e il contrario di tutto. Loro lavorano per unire, ma il comizio del leader è stato un lungo elenco di sassi tolti dal mocassino, conti in sospeso regolati, frecciate velenose, sfoghi non più tenuti repressi. «Smettiamola con gli insulti e la propaganda», ha ammonito con moderazione dal palco. Poi si è esercitato nel tiro al bersaglio. Obiettivo unico, ovviamente: gli uomini del Pdl.
A cominciare da Silvio Berlusconi, «quello del “ghe pensi mi” che non ha ancora nominato il ministro dello Sviluppo economico». «Il premier ha tanti meriti ma anche parecchi difetti - ha ironizzato Fini -. Il principale è non aver compreso che in una democrazia liberale non c’è eresia perché non c’è ortodossia». Concetto complesso, caro a Benedetto Della Vedova. Che però poco dopo viene esplicitato: «Non ho mai contestato la leadership di Berlusconi, ma il fatto che l’abbia confusa con l’atteggiamento aziendale del proprietario». Un padre-padrone che tratta i deputati come clienti di un supermercato che fanno la spesa con la carta fedeltà.
Bordate alzo zero contro i suoi ex colonnelli in Alleanza nazionale. Il massimo del disprezzo sta nel non citarli per nome. «Dal 29 luglio esiste il partito del predellino - è stata la sferzata - cioè una sorta di Forza Italia allargata a qualche colonnello o capitano di An che ha soltanto cambiato generale e magari è già pronto a cambiarlo ancora». Urla da stadio del pubblico in delirio. Dal Giornale, anch’esso non citato esplicitamente, Fini dice di essere stato sottoposto a una «lapidazione di tipo islamico». Frase alquanto infelice nei giorni in cui in Iran Sakineh Ashtiani rischia davvero, e non per iperbole retorica, la morte per lapidazione decretata dalla Corte suprema islamica. Botte anche per i molti telegiornali «fotocopie dei fogli d’ordine del Pdl».
Berlusconi, i suoi ex fedelissimi, Il Giornale colpevole di voler fare chiarezza sul quartierino di Montecarlo, i tg sono in nutrita compagnia. Ce n’è anche per qualche parlamentare, personaggi che meriterebbero un diverso trattamento dal presidente di Montecitorio. Un dardo avvelenato scoccato dal palco raggiunge l’avvocato e deputato Niccolò Ghedini: «Nessuno troverà mai una dichiarazione mia o di qualcuno di Fli contrarie al Lodo Alfano o al legittimo impedimento, perché noi siamo convintissimi del fatto che occorre salvaguardare il diritto di Berlusconi di governare senza l’interferenza o il tentativo da parte di segmenti iper-politicizzati di metterlo fuori gioco. Ma bisogna rovesciare l’approccio alla questione, bisogna finirla di affidare a quel simpatico “Dottor Stranamore” che è l'onorevole Ghedini il compito di trovare una soluzione. Con il risultato che la soluzione non si trova mai e il problema si incancrenisce».
Frecciate al ministro Umberto Bossi: «Solo chi non conosce la storia prima che la geografia può credere che la Padania esista per davvero».

Sarcasmi su altri ministri: «Nella Commissione bicamerale per il federalismo il voto di Mario Baldassarri è determinante, ma non voglio farlo pesare, voglio discutere con la Lega e la nuova Forza Italia allargata, non si può delegare tutto al simpatico rapporto tra Calderoli e Tremonti». Sono tutti simpatici, fuorché Mariastella Gelmini: «Mi hanno ferito i tagli lineari ai fondi per la scuola che gettano nel dramma migliaia di insegnanti».

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