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Fini: «No a leggi basate sulla religione» Insorge il Vaticano, malumori nel Pdl

RomaUn tempo era «Dio, Patria e Famiglia». Un tempo però. Ora per Gianfranco Fini qualcosa è cambiato. Il sedere sulla poltrona che ha ospitato pure Nilde Iotti e Fausto Bertinotti deve avergli fatto scorgere altri orizzonti. La famiglia? Sì ma anche abbracci a gay e lesbiche. Patria? Sì ma anche braccia aperte agli immigrati. Dio? Sì ma anche vade retro a leggi che profumano d’incenso. L’ultima esternazione di Fini s’inserisce nella scia delle più recenti virate. «Il Parlamento deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso», dice a Monopoli il presidente di Montecitorio, parlando agli studenti durante un incontro sulla Costituzione. «Il dibattito sulla bioetica deve essere affrontato senza eccessi propagandistici» anche perché la bioetica «è una delle questioni nelle quali il dubbio prevale sulla certezza».
Passano pochi minuti e il dibattito politico s’infiamma. Perché se a parlare così è un’Emma Bonino o un Dario Fo è un conto, se lo dice lui... Gaetano Quagliariello pesa le parole: «Affermazioni scontate che però potrebbero indurre a equivoci. Lo Stato etico non è quello in cui la legge è subordinata ai precetti religiosi, ma è quello in cui si pretende di governare per legge ogni aspetto della libertà della persona». Luca Volontè (Udc) invece fa un balzo sulla sedia e va giù duro: «Fini compie il peggiore attacco laicista della storia repubblicana; la fede cristiana non dovrebbe informare il comportamento e le idee dei deputati? Siamo alla vergognosa e inaccettabile discriminazione dei credenti». Anche il leader Pier Ferdinando Casini batte i pugni sul tavolo: «Il Parlamento non ha mai fatto leggi tenendo conto dei precetti religiosi. Per fortuna che in Parlamento c’è ancora qualcuno che fa battaglie su valori e princìpi che ormai non hanno diritto di cittadinanza in politica».
Maurizio Lupi, vicepresidente del Pdl alla Camera sgrana gli occhi: «Se Fini pensa che certi valori rappresentino dei “preconcetti religiosi” sbaglia e si pone su un piano di scontro ideologico lontano dalla laicità positiva da lui stesso evocata. Non ho mai visto un uomo fare politica - insiste Lupi - se non partendo da una base valoriale».
Precetti. Quel termine piomba duro anche Oltretevere se pure il Vaticano mette subito i puntini sulle “i” attraverso monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita: «I temi sui quali il mondo cattolico intende portare il contributo sono temi non definibili come precetti religiosi; sono temi che riguardano i diritti fondamentali dell’uomo, come il diritto alla vita, i diritti che riguardano l’unità del matrimonio e della famiglia. Non sono precetti religiosi, ma sono iscritti nella natura umana, difendibili con la ragione e iscritti anche nella Costituzione». E ancora: «La Chiesa non tacerà su questo».
Anche sul fronte caldo di questi giorni, l’immigrazione, le parole del presidente della Camera Fini sembrano lontane anni luce da quelle del leader dell’(ex) An Fini. E cita persino Mazzini: «L’immigrazione è una sfida da affrontare evitando l’utilizzo di scimitarre e anatemi. E credo che alla base della democrazia ci sia l’equilibro fra il rispetto dei diritti e dei doveri: questo concetto di Mazzini è ancora valido». Uno sguardo al futuro: «Bisogna garantire l’integrazione della “generazione Balotelli”: garantire cioè l’integrazione di chi, anche se non nato in Italia o dal colore della pelle diversa dal nostro, parla in italiano o addirittura in dialetto». Il tutto parte da una considerazione: «Il lavoro degli immigrati, oggi, è sempre più utile e necessario». Una stoccata, poi, la lancia pure alla legge che porta il suo nome assieme a quello del leader della Lega. La Bossi-Fini? «La legge ha dei limiti e necessita di qualche modifica».
Sull’altro recente motivo di attrito con il presidente del Consiglio Berlusconi, ossia i poteri dell’esecutivo, Fini ribadisce il concetto già espresso in più occasioni: «La seconda parte della Costituzione si può cambiare e serve un nuovo equilibrio tra esecutivo e legislativo.

Il governo ha ragione quando dice che i tempi della decisione devono essere celeri; tuttavia il Parlamento, con la sua maggioranza e la sua opposizione, è l’espressione della coralità del Paese e non può essere sacrificato ma oggi le democrazie funzionano se sono rappresentative e governanti».

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