Fini si arrende: «Basta liti col Cav La legislatura può andare avanti»

Roma«Fino all’ultimo giorno». Fino all’ultimo rintocco della legislatura, quella legislatura che fino a una settimana fa era pronto a interrompere con la mozione-azzardo di sfiducia a Berlusconi, Gianfranco Fini ha intenzione di rimanere presidente della Camera. È l’unica possibilità per uscire da questo pessimo periodo: rimanere in sella, ossia in poltrona, nel ruolo che «mi è stato conferito». Conferito su decisione di Berlusconi, l’antagonista, ma poco importa. In un mare di incertezze - il Terzo polo che lo vuole comprimario e mai protagonista, il Pd (vedi D’Alema) che non lo corteggia più, le colombe del suo gruppo pronte a volare via - Fini si dedica anima e corpo all’unica ciambella del suo presente politico. La presidenza della Camera. Lo chiama il suo «auspicio», il protrarsi della legislatura, per affrontare alcuni «nodi»: le riforme come la legge elettorale. La durata del governo Berlusconi adesso diventa una speranza. È la resa di Natale. Un augurio di lunga vita all’avversario, vita tua vita mea. Concetto ribadito anche in serata, quando il leader Fli, durante una cena con i suoi, ha rincarato la dose: «Basta contrapposizioni tra Fini e Berlusconi. Cerchiamo di lavorare adesso sul piano dei contenuti e delle proposte concrete».
«Ci sono le condizioni perché la legislatura prosegua», ha detto serenamente Fini alla conferenza stampa di saluto ai giornalisti ieri a Montecitorio, a cui ha partecipato la vicepresidente della Camera del Pd Rosi Bindi ma non i vicepresidenti Pdl Lupi e Leone. Nessuno gli ha chiesto: come, ci sono le condizioni? Appena sette giorni fa il suo gruppo aveva piazzato una mina esplosiva sotto le fondamenta della legislatura, quindi? Non sono state consentite domande ai giornalisti a fine conferenza. Solo in Transatlantico, più tardi, il pidiellino Osvaldo Napoli commentava la sovrapposizione delle identità: «Come il dottor Jekyll e mister Hide, Fini deve essere ogni volta due cose insieme», oppure uno e l’altro, in alternanza.
L’ex costruttore e distruttore di An ha parlato con toni inaspettatamente distesi ma a tratti paradossali: si allinea «al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio»: «Alla luce di quello che hanno detto, questa è una legislatura che può durare». Spiega che ciò a cui bisogna puntare è la «stabilità della legislatura». E qui Fini ancora si sdoppia: parla della stabilità quando aveva lavorato per abbatterla, dice che «nessuna legge elettorale» o «marchingegno» può dare solidità alla politica, perché «non è certo la legge elettorale che fa la differenza». Cita persino «le ultime due legislature» come esempio di poca solidità, ma non aggiunge che nella seconda, ossia l’attuale, il destabilizzatore è stato lui stesso, cioè l’altro sé, il signor Hide.
Comunque sia, la terza carica dello Stato mostra ottimismo: «Questa è una legislatura che può durare. Credo che il monito di Napolitano debba essere tenuto presente da tutti». E fino alla fine «rimango» come presidente della Camera, «a meno che non si dimostri che sia venuto meno nel mio ruolo o che sia divenuto imparziale». La presidenza della Camera «non è un ostacolo» alla sua attività politica. Ciò che gli viene contestato è in realtà l’opposto: l’ostacolo è l’attività politica, ritenuta incompatibile con il suo ruolo costituzionale. Spiega ancora Fini: «Utilizzerei in modo improprio le dimissioni», ma non dice nulla dell’uso improprio della sua poltrona.


Il fondatore di Fli non ha infine «cambiato opinione sul presidenzialismo e sulla bontà di quelle riforme che garantiscono la scelta diretta del decisore», a patto che si tragga esperienza dalle realtà comunali, dove l’elezione diretta del sindaco «ha portato a uno squilibrio tra assemblea e esecutivo». Ma il suo bipolarismo convinto ora si piega alle esigenze del tripolarismo: «Confermo le mie perplessità sull’uso distorsivo del premio di maggioranza».

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