Più delicata, ma per certi versi anche più semplice, la situazione dei lavoratori che abbiano 50 anni o più. Nel loro caso gli anni di attività lavorativa rimanenti all’età pensionabile sono al massimo 15, un arco di tempo lungo ma non troppo per imbastire strategie di passaggio da linee azionarie (o bilanciate azionarie) a obbligazionarie come abbiamo ipotizzato per un lavoratore di 30 anni e per uno di 40 anni. Ma procediamo con ordine: un cinquantenne lavoratore dipendente con stipendio annuale di 50mila euro lordi e dinamica salariale piatta (cioè in linea con il tasso di inflazione annuo) dovrebbe riuscire a contare su una pensione Inps alla fine della propria attività lavorativa pari a circa il66%dell’ultimo stipendio.
Se alla fine dell’attività decide di trasformare in pensione integrativa il trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonato anno per anno, potrà arrivare a coprire fino al 70% dell’ultima retribuzione. Al contrario se sceglie da subito di convogliare il Tfr maturatoanno per anno nel fondo di previdenza complementare di categoria potrà far diminuire il gap previdenziale finale in virtù del contributo versato dal datore di lavoro(un 1,50% all’anno): in tal modo la pensione finale (quella Inps e l’integrativa)raggiungeranno il74%dell’ultima retribuzione.Enel caso diunlavoratore di 55 anni con reddito di 60mila euro annui? In questo caso, ipotizzando che intenda proseguire fino ai 61 anni, la copertura previdenziale senza la parte integrativa arriva al 67 per cento.
Se a 61anni utilizza il Tfr accantonato trasformandolo in una pensione integrativa, potrà contare su un ulteriore 3,5% di pensione (portando quindi la copertura totale al 70,5% dell’ultima retribuzione) mentre sfruttando da subito il fondo negoziale e il contributo del datore di lavoro può arrivare a circa il 75% dell’ultima retribuzione sommando quanto spettante dall’Inps e quanto maturato con la pensione di scorta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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