Finocchiaro, ciociara d’oggi contro le ipocrisie di sempre

Non è un'imitazione di uno dei mostri sacri della cinematografia italiana che nel 1960 fu premiata con l'Oscar nel film di Vittorio De Sica, e nemmeno un tentativo di reinventare un personaggio che vive, senza mai essere scalfito dal tempo, nell'immaginario collettivo. Se Sofia Loren, al cinema, fu la Cesira di Alberto Moravia, al Teatro Manzoni ne La Ciociara fino al 27, Donatella Finocchiaro è la protagonista della prima trasposizione teatrale dell’opera di Annibale Ruccello, che prese il via proprio da dove finì il dramma naturalistico di Moravia.
Se il romanzo ritrae la disperazione di Cesira, mamma affranta e piangente di fronte alla sua Rosetta, stuprata come l'Italia, annientata nella sua anima, lo spettacolo, nel rispetto del testo del suo autore napoletano, è il sequel, o il secondo atto, scritto nell'85 da un talento prematuramente scomparso. Catapultando le due donne nel periodo consumistico, di imborghesimento generale, di omologazione e di perdita di valori, Ruccello ha ispirato la milanese, siciliana di adozione, Roberta Torre che, dopo la felice inaugurazione della sua carriera da regista cinematografica nel '97 con Tano da morire, ha raccolto la sfida di mettere in scena un inedito. La Ciociara teatrale della Torre prende le distanze dal naturalismo per raccontare, attraverso una drammaturgia di per sé visionaria, la vita di due donne reduci da quello scempio di dignità umana che è la guerra. «Quando ho letto il testo di Ruccello - racconta Torre - sono rimasta colpita dalla grande attualità». Le due donne sono alle prese con l'avere, con il possesso, con quella materialità potente e capace di sopprimere e di schiacciare il vissuto e i trascorsi dell'uomo. «Per allestire lo spettacolo ho seguito due binari: rispettando il testo, sono stata artefice di una sorta di rivisitazione onirica della vita di Cesira e di Rosetta, piena di fantasmi e di figure che vivono, in continua contraddizione con la modernità del tempo».
Sarà Donatella Finocchiaro a dare vita alla concretezza di Cesira, madre di Rosetta (Martina Galletta), la ragazza violata nel suo pudore che ormai è diventata tigre; una donna che, svuotata di ogni senso morale, si sente legittimata a usare gli uomini per suo tornaconto.

«Il mio personaggio - racconta Finocchiaro - come lo definì lo stesso Moravia gira con il pugnale in saccoccia, è pronta a difendere strenuamente la figlia e anche la roba, per la quale rinuncia anche all'amore». Il lavoro di Torre aggiunge una bella pagina di teatro contemporaneo, avvalendosi di una messinscena emozionale dal forte impatto visivo.

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