Fiorani-Gnutti, blitz per nascondere 110 milioni

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Alla fine dello scorso aprile, quando la Banca popolare italiana riuscì a conquistare Antonveneta e l’indagine muoveva i primi passi, Gianpiero Fiorani e Emilio Gnutti cercarono di dividersi e occultare all’estero e in fretta 110 milioni di plusvalenze. Denari ottenuti dalle speculazioni e dal concerto sul titolo padovano. Per questa ragione, sempre in quei giorni, si tenne una riunione a Lodi; venne dato incarico a Paolo Marmont, manager di Bipielle Suisse ora latitante, di individuare i canali adatti per custodire il denaro in forzieri off shore.
Il retroscena è stato raccontato dallo stesso Fiorani ai Pm milanesi lo scorso 13 dicembre nel carcere di San Vittore. L’episodio aggrava non tanto la posizione di Marmont quanto quella di Gnutti, indagato per associazione a delinquere. A piede libero. Perché vuol dire che sia il banchiere, sia l’imprenditore bresciano, incuranti dell’inchiesta per aggiotaggio, puntavano a distribuire e mettere al riparo le plusvalenze ottenute.
Dapprima Fiorani suggerì operazioni su derivati, poi indicò proprio in Marmont la persona giusta da invitare a Lodi per farlo partecipare a una riunione operativa in banca. Serviva infatti un uomo di fiducia che, seppur non esperto di finanza, fosse in grado di sondare con discrezione e rapidità la disponibilità di fondi esteri o di banche elvetiche. Il summit lodigiano si presta a una doppia interpretazione. Secondo i magistrati milanesi Fiorani e Marmont hanno consolidato un’amicizia ventennale e questa è solo una delle operazioni pianificate. Insomma il ruolo del loro interlocutore svizzero è quindi «di grandissima gravità - scrivono i Pm - perché lui aveva il compito di mettere al sicuro i soldi».
Per il difensore Alessio Lanzi, invece, la convocazione in un secondo tempo di Marmont a Lodi dimostra la discontinuità dei rapporti con i furbetti di Bpi. «Fosse stato organico - spiega il difensore - all’associazione per delinquere non sarebbe stato convocato a Lodi in modo estemporaneo. Marmont uscì da Bpl Suisse nel maggio 2004 e dal fondo Victoria&Eagle a novembre 2005. Questa è una vicenda con rilevanti fatti illeciti, una quindicina, e per decine e decine di milioni di euro, dove Marmont viene chiamato in causa solo per un paio di operazioni che siamo stati in grado di spiegare. Inoltre non è mai citato nelle intercettazioni». Da parte sua, il manager fa sapere che potrebbe venire in Italia e costituirsi agli inquirenti, purché la misura sia trasformata in arresti domiciliari.
Capitolo diverso è quello invece sulla presunta lobby parlamentare che sarebbe stata legata ad Antonio Fazio e che avrebbe agito alle Camere a tutela della linea via via suggerita o voluta dal governatore. L’ipotesi affascina più di un investigatore e, di conseguenza, rimbalza ogni tanto sui giornali. Anche di recente. Di fatto Fiorani ha indicato una mezza dozzina di parlamentari del centrodestra, come fruitori di linee di credito dalla Banca popolare italiana. Senza però fornire elementi tali da determinare la loro iscrizione nel registro degli indagati per finanziamento illecito.
Tra fine dicembre e inizio gennaio in Procura si discusse sulle posizioni dei politici per poi non affrontare più l’argomento riproposto, invece e con insistenza, da alcuni media.

Di fatto Fiorani ancora oggi non compie il grande salto dando soddisfazione alla curiosità degli inquirenti. Quando, e soprattutto se, si arriverà a una svolta non sono in molti a scommetterci. Tanto che ormai Francesco Greco non partecipa nemmeno agli interrogatori.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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