Fiorani: «Sono pronto a far rientrare i soldi»

Il numero uno dell’istituto affronta ogni capo di imputazione: «Parlerò di tutto». Gli investigatori: è un osso duro

Stefano Zurlo

da Milano

Non si sottrae alle domande. E parla per più di quattro ore. Gianpiero Fiorani affronta, sia pure in termini generali, tutti i capi d’imputazione che gli sono piovuti addosso con l’arresto. Accenna ai suoi rapporti con il Governatore Antonio Fazio, descrive, sia pure in modo ancora generico, i suoi rapporti con alcuni politici, prova a dare una prima, sommaria spiegazione delle complesse operazioni finanziarie che gli sono contestate. Soprattutto dà la sua disponibilità su un punto decisivo: «Farò rientrare in Italia i miei capitali».
È un interrogatorio lungo quattro ore quello che va in scena in un palazzo di giustizia blindato come non mai. L’ex numero uno della Banca Popolare Italiana arriva nella cittadella giudiziaria di buon mattino, ma deve attendere il suo turno, chiuso in una stanza, fino alle tre del pomeriggio. Il gip Clementina Forleo non ha fretta: prima ascolta l’ex direttore finanziario Gianfranco Boni. Poi, finalmente, Fiorani, assistito dagli avvocati Francesco Mucciarelli e Luisa Mazzola entra nell’ufficio del gip, al settimo piano. Con la Forleo ci sono i pubblici ministeri Giulia Perrotti ed Eugenio Fusco. Dopo un po’ arriva anche Francesco Greco.
Non è facile stabilire un approccio. Alla fine dell’estate, Fiorani aveva dato la sua disponibilità a collaborare e si era sottoposto a lunghi interrogatori. Sembrava aver charito e invece no: i Pm hanno chiesto e ottenuto la sua cattura ritenendolo il capo di una banda criminale e sommergendolo di accuse pesantissime, a cominciare dall’associazione a delinquere, che chiamano in causa anche il Governatore della Banca d’Italia.
I magistrati procedono con i piedi di piombo: vogliono verificare nei fatti, dettaglio per dettaglio, la sua presunta disponibilità. Venerdì hanno sentito Fabio Massimo Conti, uno dei gestori del fondo Victoria & Eagle, poi si sono avvicinati ai vertici della piramide mettendo alla prova Boni, infine affrontano l’ex padre padrone della Popolare di Lodi.
È un interrogatorio di garanzia, per forza di cose superficiale: quasi un promemoria, un indice delle deposizioni che seguiranno nei prossimi giorni. Fiorani offre la sua collaborazione, i pm non si perdono in preamboli. Così tutta la prima parte viene dedicata al capitolo soldi. A quanto ammontano le disponibilità all’estero dell’ex amministratore delegato della Bpi? Può sembrare incredibile, ma nemmeno l’interessato ha le idee charissime. Ci sono molti conti, la disponibilità media di ciascuno si avvicina ai dieci milioni di euro, i conteggi approssimativi indicano quota 70 milioni. Ma Fiorani non si tira indietro: «Farò rientrare i soldi». Ci vorrà molto tempo. E tanta pazienza. Alcune indagini da Mani pulite in poi si sono arenate contro difficoltà tecnico procedurali quasi insormontabili. Può sembrare paradossale, ma spesso anche la buona volontà dell’indagato non è sufficiente per disincagliare i fondi depositati nei paradisi fiscali. Tocca a Fusco e alla Perrotti dialogare in questa fase molto tecnica.
Poi arriva Greco e il discorso si allarga a ventaglio: è la Forleo a dettare gli argomenti e a sondare, come in un carotaggio, le intenzioni di Fiorani. Lui risponde sempre e appare sereno, tranquillo, ma molto provato, stanco. Il parcheggio in cella lo ha segnato. E a palazzo di ìgiustizia è giunto con un look dimesso: un pullover azzurro. Ma non è un tipo da sottovalutare: «È un osso duro», ammettono gli investigatori.
Alle 19.30 il primo round è finito. I suoi difensori chiedono la secretazione del verbale, i Pm danno parere favorevole, la Forleo si riserva, ma il sì è scontato. Oggi break domenicale.

Poi i magistrati riprenderanno il tour de force con Silvano Spinelli, ai domiciliari per l’età avanzata. Subito dopo rivedranno Fiorani. Si andrà avanti ad oltranza e solo allora si capirà se ai «buoni» propositi seguiranno i fatti.

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