Un siciliano innamorato della Lombardia: Salvatore Fiume (1915-1997), pittore, scultore, scenografo, architetto e «artista della parola» (fu anche poeta e narratore) trovò nella pace di Canzo, in provincia di Como, e nella vivacità della Milano degli anni Trenta il carburante necessario per maturare una cifra stilistica difficile da definire. Prova ora a farlo un'interessante retrospettiva allo Spazio Oberdan, curata dai figli Laura e Luciano e promossa dalla Provincia di Milano insieme con la galleria Artesanterasmo, che tratta sul mercato l'opera dell'artista. «Salvatore Fiume. Un anticonformista del Novecento. 100 opere anni '40-'90» (fino al 6 febbraio, ingresso libero) è un viaggio, come recita il titolo, lungo la versatile carriera del pittore che amava i classici (il Rinascimento), la metafisica (De Chirico e Savinio), il Cubismo (Picasso su tutti). Ecco perchè la parabola artistica di Salvatore Fiume non è semplice da decifrare nè da definire: molteplici le citazioni, i riferimenti, gli omaggi, le ispirazioni che attraversano le sue opere. Visitando una dopo l'altra le sei sale che compongono la mostra, pare quasi di trovarsi dinnanzi a una collettiva di artisti diversi, tanto fu mutevole (anche nella sperimentazione) lo stile di Fiume.
Si comincia con i dipinti della serie «Città delle statue», datati anni Cinquanta, nei quali il pittore realizza quelle monumentali forme architettoniche antropomorfe o zoomorfe che lo hanno reso celebre (e che ritroviamo in mostra anche nei bozzetti di prestigiose scenografie alla Scala e al Covent Garden di Londra). A questo punto il visitatore pensa di aver colto la cifra stilistica di Fiume, e subito viene smentito: nelle sale a seguire, comincia l'esposizione di disegni e lavori metafisici che risentono dell'influenza di Giorgio De Chirico. E poi ancora, in uno stile di nuovo diverso, la sala dedicata al ciclo delle «Ipotesi», elaborato tra gli anni Ottanta e Novanta, in cui emergono la passione per l'arte antica (Tintoretto, Raffello) e per il Novecento: quadri come Le tre Grazie o Lezioni di anatomia, con figure di Rubens, De Chirico, Picacco e Rembrant mescolate insieme, sono perfette per dimostrare ciò che Fiume intendeva con «contemporaneità di tutta l'arte». Se nella terza sala ampio spazio è dato al cosiddetto «Ciclo spagnolo», liberamente ispirato all'arte di Francisco Goya e quelle sucessive, di volta in volta, si concentrano sul «Ciclo dei sassi» e sull'arte giapponese, particolarmente interessante è la sala che ospita le figure femminili, uno dei temi ricorrenti nell'arte di Fiume.
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