Il Fli: killeraggio. Bocchino: ma Fini deve chiarire

I fedelissimi del presidente della Camera difendono il leader, che prima attacca e poi smentisce. Però il capogruppo futurista chiede a Gianfranco di rispondere. E intanto la Finanza piomba nella sede di An per cercare documenti

Il Fli: killeraggio. Bocchino: ma Fini deve chiarire

Roma - È una «porcata»? La parola poco fine sarebbe uscita dalla bocca di Gianfranco Fini ieri a commento della carta pubblicata dal Giornale sulla proprietà delle società off shore che hanno acquistato la casa di An di Montecarlo, proprietà che sarebbe del «cognato» di Fini Gianfranco Tulliani. Così l’Ansa e le agenzie di stampa intorno alle 17.30: Fini: «Quel documento è una porcata, un falso». Sedici minuti più tardi il portavoce del presidente della Camera Fabrizio Alfano chiarisce però ai media che «il presidente Gianfranco Fini non ha mai utilizzato le espressioni che gli sono state attribuite». Mistero. L’irritazione della terza carica dello Stato sarebbe stata enorme dopo la lettura mattutina dei giornali, e ufficialmente le fila del suo gruppo Futuro e Libertà gli si sarebbero strette intorno compatte. Ma con il passare delle ore si scopre che qualcuno in Fli in realtà ci vuole vedere chiaro, Fini smentisce Fini e infine si apprende che la Guardia di finanza è tornata a visitare proprio ieri la sede di An di via della Scrofa. Gli uomini del nucleo tributario della Gdf, su mandato del pm Filippo Laviani, titolare dell’inchiesta romana su Montecarlo, si sono recati nella segreteria del partito e hanno acquisito gli atti relativi alla dichiarazione di successione riguardante la donazione della casa monegasca da parte della contessa Anna Maria Colleoni. Questa carta è allegata all’atto di compravendita dell’immobile tra An e la società off-shore Printemps Itd. La stessa richiesta di acquisizione è stata avanzata anche a Montecarlo.

Il nuovo documento sulla presunta proprietà di Tulliani della casa di Boulevard Princesse Charlotte (pubblicato, prima che dal Giornale, dai due quotidiani domenicani Listin Diario e El Nacional) ha provocato in ogni caso una serie di eventi calamitosi. I finiani chiuderanno ogni dialogo sui temi della giustizia e del Lodo Alfano. Si mettono «l’elmetto in testa», come hanno deciso dopo un pranzo operativo, perché quel documento «è un falso», probabilmente confezionato da «servizi deviati». Ora, spiega un falco finiano al Giornale, si va «alla guerra santa». Gli altri fatti imprevedibili sono: il capogruppo di Futuro e Libertà Italo Bocchino ha dichiarato alla trasmissione Omnibus de La7 che se quella carta dovesse essere vera, però Fini «dovrà dare una risposta». E dunque, almeno nelle prime ore del mattino, Bocchino si è mostrato prudente sul documento riguardante Tulliani e velatamente sospettoso, non su Fini, ma quantomeno sulla vicenda. In serata, la linea cambia: l’eventuale voto di fiducia al governo il 29 settembre «non è messo in discussione», dichiara il “primo finiano”, ma ogni altra collaborazione con il Pdl «è impossibile. Non trattiamo con chi fa dossieraggio».

Infine, sulla pagina Facebook di Futuro e Libertà, alcuni fan hanno iniziato a chiedere che il presidente della Camera riferisca agli italiani: «Fini potrebbe fare una cosa sacrosanta - scrive Enrica Tozzi - andare in Parlamento e spiegare i fatti e rispondere alle domande». Bice Muraglia: «Briguglio vada alla Camera e dimostri ciò che ha detto. Fini non vada a sinistra, è da traditore in questo momento».
Briguglio, finiano ardito, annuncia di chiedere al presidente del comitato parlamentare sui servizi segreti, Massimo D’Alema, di assumere «una decisa iniziativa in relazione alla pubblicazione di atti di dubbia autenticità, se non addirittura falsi, formalmente intestati ad autorità di Stati stranieri». Non solo: in ambienti finiani si apprende che si sarebbe venuti in possesso di «elementi che evidenziano una vera e propria attività di dossieraggio, con utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all’estero al fine di produrre e diffondere documentazione falsa». Servizi deviati, carte false pagate per incastrare il presidente della Camera.

La linea ufficiale del gruppo è insomma: alla guerra. «Basta falchi, falchetti e colombe, chi c’è c’è, chi non c’è va a passeggiare», dice sempre il finiano di ferro.

Ma il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, intercettato in Transatlantico, sembra prendere le distanze: «Il pranzo di oggi? Io non c’ero - spiega al Giornale - svolgevo il mio lavoro di sottosegretario in commissione. Tutti con l’elmetto? Ci sono versioni diverse...».

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