Londra - Ecco le principali dichiarazioni del discorso d’addio del primo ministro britannico Tony Blair, che oggi ha annunciato le proprie dimissioni:
Le dimissioni e il nuovo leader
«Il 27 giugno presenterò le mie
dimissioni da primo ministro alla regina (Elisabetta II). Il partito adesso designerà un
nuovo leader».
«Sono stato primo ministro di questo Paese per più di 10 anni. Penso, nel mondo di oggi, che sia un periodo lungo per me, ma ancora di più per il Paese».
Nel 1997 sono scomparsi i detriti del passato
«Il 1997 è stato il momento di un nuovo inizio: la scomparsa di tutti i detriti del
passato. Le aspettative erano così alte, troppo alte probabilmente, in un certo senso
troppo alte per ciascuno di noi».
Il giudizio della storia
«Con la mano sul cuore, ho fatto quello che pensavo fosse giusto per il Paese. Sono
arrivato con grandi speranze per il futuro della Gran Bretagna e me ne vado con
speranze ancora più grandi per il suo avvenire».
«Naturalmente i miei mandati di primo ministro saranno giudicati ma spetterà a voi di farlo».
Il nazionalismo
«Questo Paese è una nazione benedetta. I britannici sono speciali. Il mondo lo sa e
nel più profondo di noi stessi lo sappiamo anche noi. È la più grande nazione della
terra. Ed è stato per me un onore servirla».
«La Gran Bretagna non è un Paese a rimorchio oggi. La Gran Bretagna è un leader. Ha le caratteristiche fondamentali del mondo di oggi. È un Paese a suo agio nel 21esimo secolo, che sta bene nella sua pelle, capace di essere fiero del suo passato ma anche fiducioso nel suo avvenire».
Agire secondo le proprie convinzioni
«Quando si è al governo, bisogna dare la risposta, non una risposta, ma la risposta. Il
che vuol dire fare quello che si pensa realmente sia giusto. È proprio dovere in quanto
primo ministro agire in accordo con le proprie convinzioni».
Il dovere di decidere
«Si possono deformare le cose per far sì che la gente pensi che si agisca secondo
un certo fervore messianico. Dubbi, esitazioni, riflessioni sono buoni compagni di una
decisione corretta, ma l’obbligo finale è decidere».
Non possiamo fallire la lotta al terrorismo
«Poi l’Afghanistan e l’Iraq. Cacciare Saddam (Hussein) e i suoi figli dal potere, e i
talebani, è stato relativamente semplice.
Ma la risposta, da allora, del terrorismo mondiale e degli elementi che lo sostengono,
è stata feroce, continua e costosa.
Per alcuni, semplicemente non ne vale la pena. Per me, bisogna vedere le cose in
prospettiva. I terroristi che ci minacciano qui e nel mondo non ci abbandoneranno mai
se noi abbandoniamo. È un test per la volontà e la convinzione e non possiamo
fallire».
Le nuove sfide politiche
«Si dice che la politica è l’arte del possibile. Secondo me, bisogna dare una chance
all’impossibile».
«Oggi, nel 2007, si possono facilmente individuare le sfide che non abbiamo colto. Ma ripensate al 1997, pensate al passato. Pensate al vostro livello di vita nel 1997 e a quello di adesso».
«C’è un solo governo dal 1945 che può vantare tutto questo: più posti di lavoro, meno disoccupati, migliori risultati per la sanità e l’istruzione, una criminalità più debole, e la crescita economica. Un solo governo: questo».
Il dovere di ascoltare il popolo
«Quello che ho capito come primo ministro è cosa significa veramente mettere il
Paese al primo posto. Decidere è difficile.
«Ringrazio il popolo britannico per le volte in cui ho funzionato bene. Faccio le mie
scuse per quelle in cui non sono stato all’altezza. Buona fortuna».
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