Una fronda punta a staccarsi, ma c’è chi vuole rafforzare il partito

L a tentazione di un ritorno al passato è sempre dietro l’angolo. Lo è per gli ex Forza Italia, figuriamoci per gli ex An che fin da ragazzi hanno masticato una cultura politica fatta di identità e militanza. E così, all’indomani dello tsunami delle amministrative, con l’orizzonte dei moderati che prova a riorganizzarsi e a disegnare nuovi schemi, tra i dirigenti politici provenienti da Via della Scrofa è tempo di consultazioni continue, interrogativi sempre più pressanti, tensioni crescenti, concitazione e anche un po’ di confusione.
Una domanda cova sotto la cenere e finisce per emergere sistematicamente. «È arrivato il momento di dar vita a un contenitore neo-conservatore e tornare a parlare direttamente al nostro popolo?» si chiedono in molti, magari puntando sulla leadership giovane di un ex ministro come Giorgia Meloni. La risposta è oscillante e molto legata all’emozione del momento.
Alla teoria dello «spacchettamento controllato» del Pdl non crede quasi nessuno. Due settimane fa si sono confrontati diversi ex An ma sia Altero Matteoli sia Gianni Alemanno hanno detto no a possibili cedimenti alla nostalgia. Il sindaco di Roma, in particolare, è uno dei pochi ad aver assunto una posizione sostanzialmente filo-montiana. Rinfrancato dai sondaggi che lo vedono in testa in una possibile nuova corsa per il Campidoglio ha avuti diversi incontri con Luca Cordero di Montezemolo per confrontarsi sulla futura conformazione politica dei moderati. In molti sostengono che le sue ambizioni nazionali siano intatte e per questo voglia restare alla finestra, senza esporsi troppo, per giocarsi la partita della leadership del Pdl.
Il resto del gruppo degli ex An si muove a strappi. «In passato abbiamo vissuto momenti molto più difficili» spiega Amedeo Laboccetta. «Bisogna tenere i nervi saldi e non farsi prendere dalle emozioni, continuando a lavorare per rilanciare e rafforzare il Pdl. In questo senso mi sembra che l’atteggiamento molto riflessivo di Maurizio Gasparri sia indicativo». Altri puntano il dito contro l’appoggio al governo. «Ci sentiamo come palombari costretti ad andare verso il fondo per la zavorra che grava su di noi. O molliamo Monti, oppure andiamo a fondo con lui». L’impressione è che l’ipotesi del contenitore neo-conservatore verrà presa in considerazione soltanto se Silvio Berlusconi promuoverà la tattica dei corpi separati e della moltiplicazione del brand. «Se si dirà apertamente che non si crede più nel Pdl, allora ne trarremo le conseguenze, non ci faremo fagocitare» ammettono in molti. Nel frattempo i rampelliani, con Giorgia Meloni in testa - ma anche la componente vicina a Ignazio La Russa - sono decisi a riportare più destra dentro il Pdl piuttosto che staccare la destra dal Pdl. Per questo hanno ripreso contatti pressoché quotidiani con Francesco Storace («Sicuramente abbiamo più elementi in comune con lui che con Casini» sussurrano in molti).
Ma stanno anche per lanciare alcune manifestazioni di piazza con cui promuovere una difesa «identitaria» di una esperienza e di una storia che si ritiene orfana di rappresentanza ma ancora forte nel Paese e confinata nel limbo dell’astensionismo. L’ultimo esempio è l’interrogazione presentata da 24 deputati – prima firmataria la stessa Meloni - al ministro degli Esteri Giulio Terzi che ha criticato la passata appartenenza del console Mario Vattani al Fronte della gioventù.

Un rilievo letto come una caduta di stile e come un’offesa a tutta una comunità politica. Ma anche il segnale che gli ex An non sono disposti a sciogliersi nella soluzione liquida del Nuovo Centro e vogliono tornare a far sentire la loro voce senza timidezze.

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