Fuga dalle primarie La «exit strategy» del Pd è la Bonino

Una exit strategy dal giogo delle primarie. Ecco su cosa si sono concentrati i vertici (locali e non) del Partito democratico nelle ultime 48 ore. Poi alla fine ecco l’idea geniale. Chi l’ha avuta non si sa. Bersani, il segretario nazionale, però l’ha fatta subito sua. E ieri pomeriggio era già su tutte le agenzie e su tutti i siti web dei mezzi di informazione. Le primarie non si faranno - spiega il segretario del Pd -. Almeno sono sicuramente da escludere in quelle regioni dove il Pdl ha già ufficializzato le sue candidature. E regala anche uno slogan molto suadente: «Le primarie sono un’opportunità non un obbligo». Quindi nel Lazio si andrà a votare soltanto il 28 e 29 marzo. Per gli iscritti al Pd e per tutti coloro che avrebbero voluto dire la loro sul candidato da opporre alla Polverini non c’è alcuna possibilità di esprimersi prima di quella data.
Una volta che il segretario Bersani ha diffuso questa «nota» è quasi del tutto ininfluente l’agenda di Alessandro Mazzoli. Per oggi pomeriggio il segretario regionale ha convocato la direzione all’hotel Aran di via Mantegna. A pochi isolati da quel palazzo della Regione di via Cristoforo Colombo che mai come adesso sembra così lontano. In quella sede proporrà ai dirigenti del Pd di sostenere la candidatura della Bonino. Poi si passerà al voto. Una procedura molto democratica e rispettata dallo stesso Bersani («l’ultima decisione, ovviamente, spetta all’assemblea regionale degli iscritti»). Formule che non riescono a mascherare la sostanza delle cose. La Bonino sarà il candidato del centro-sinistra nella corsa per la poltrona di governatore lasciata vuota anzitempo da Piero Marrazzo.
Ieri è arrivato anche il placet ufficiale dell’Italia dei Valori. È stato lo stesso Di Pietro, da Milano, ad esprimersi a favore dell’esponente radicale. Con una piccola ma significativa riserva. Deve essere il candidato della coalizione, spiega l’ex magistrato, non quello del Pd; quindi va verificata innanzitutto la compatibilità del programma.
Come spesso accade in una politica dominata dai tatticismi più che dalle idee, gli opposti si incontrano. Succede al segretario del Partito di rifondazione comunista, Paolo Ferrero, e a Renzo Lusetti (esponente di spicco dell’area cattolica del Pd). Il primo non si rassegna alla totale mancanza di idee e di coraggio da parte del Partito democratico. «Mi sembra che la candidatura di Emma Bonino nel Lazio sia un regalo a Fini». «Bonino - spiega Ferrero parlando con i cronisti a Montecitorio - crea problemi a una parte del mondo cattolico, ma ne crea anche a noi sul piano sociale, anche perché Polverini è una sindacalista. Se andiamo a confrontarci su certi temi sociali, non so chi sia più a destra tra Polverini e Bonino».
«E poi - gli fa eco Lusetti - nel Lazio si è perso troppo tempo dopo il caso Marrazzo. E ora un partito del 30 per cento come il Pd si ritrova a essere messo sotto da una sottocomponente dei suoi gruppi parlamentari.

Emma Bonino e Marco Pannella, col fiuto dei politici d’esperienza, hanno messo tutti, loro che sono espressione davvero minoritaria della cultura politica di questo Paese, di fronte al fatto compiuto. È la fine del mondo!»

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