Cronache

Il fungo killer fa strage di anfibi. Ha già colpito oltre 500 specie

Attacca la pelle provocando lesioni cutanee devastanti Ora il rischio è la prima pandemia del mondo animale

Un fungo assassino sta provocando una strage di anfibi. Si chiama Batrachochytrium dendrobatidis ed è un fungo chitridio che in una cinquantina d'anni ha già causato l'estinzione di 90 specie tra rane, rospi e altri anfibi e ha attaccato almeno 501 specie, decimandole. Ovvero un sedicesimo delle specie anfibie conosciute. Di queste, 124 si sono ridotte del 90 per cento. Il fungo attacca la pelle, provocando lesioni cutanee devastanti e risulta letale perché la pelle negli anfibi serve per respirare e regolare il livello d'acqua dell'organismo. Il che provoca alla fine arresto cardiaco e la morte. Alcune specie come il rospo americano sono più resistenti e diventano dunque «diffusori» della malattia nell'ambiente.

Soprattutto, questo fungo sta provocando la prima pandemia conosciuta nel mondo animale e potrebbe essere il patogeno più distruttivo mai registrato dalla scienza perché sta causando una devastazione senza precedenti, contribuendo a quella sesta estinzione di massa del mondo animale in corso denunciata dagli scienziati.

L'ultimo allarme viene dalla conferenza sulle specie acquatiche tenutasi a Santiago del Cile dalla World Organisation for Animal Health, l'equivalente della Organizzazione mondiale della sanità per gli animali. Ma era stato preceduto da un articolo su Science che riportava i risultati di uno studio internazionale realizzato da 41 esperti mondiali e guidato dalla Australian National University.

Secondo gli esperti, che hanno impiegato decenni per individuare la portata mondiale delle devastazioni di questo killer silenzioso, la prima grande strage è avvenuta nel corso degli anni '80 del secolo scorso in varie parti del mondo per poi riacutizzarsi negli anni 2000 in Sud America. È diffusa in 60 Paesi e nessun continente è stato risparmiato: in Europa ad esempio la vittima più illustre è l'alite ostetrico, una specie nota perché il maschio dopo aver fecondato le uova le porta sul dorso fino alla schiusa, decimato nei Pirenei francesi. In Asia però, anche se ci sono state delle diminuzioni di popolazione, la malattia è meno letale semplicemente perché esiste da milioni di anni e le specie autoctone hanno sviluppato una resistenza al fungo. Da qui infatti il morbo è partito. Per poi probabilmente mutare in un ceppo più maligno.

Ma come è stato possibile? Gli scienziati puntano il dito sulla globalizzazione. La diffusione in fondo rapida del fungo sarebbe stata causata dall'assenza di regole strette sul traffico degli animali e dalla sorveglianza agli aeroporti che spesso consente ad animali selvatici di passare le frontiere. Pare ad esempio che in questo modo solo negli Stati Uniti entrino cinque milioni di anfibi ogni anno.

Sono necessarie azioni tempestive: il fungo è quasi impossibile da debellare nell'ambiente naturale, dove è ormai endemico, ed è molto resistente: sembra possa resistere mesi o anche anni lontano dagli «ospiti». Gli autori dello studio chiedono dunque di mettere un freno al traffico di anfibi selvatici, proteggerne l'habitat, combattere le specie infestanti che ne minacciano l'esistenza e supportare programmi di riproduzione in cattività.

Le rotte commerciali hanno plasmato la storia umana collegando civiltà lontane, permettendo lo scambio di materiali, tecnologie e persone, ma anche di malattie. Ora si è scoperto che gli esseri umani non sono le uniche vittime delle malattie legate al commercio.

Insomma a breve se non si prendono provvedimenti potremmo non sentiremo più gracidare le rane. Gli anfibi oltre a conservare gli ambienti acquatici sempre più a rischio si cibano di zanzare portatrici di malattie letali per l'uomo, come la malaria e il virus Zika.

E ogni perdita di una catena dell'ecosistema porta conseguenze ben più gravi per l'intera vita sul Pianeta.

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