Fuori dallo sport chi bara. Senza pietà

Fuori dal calcio chi bara in modo tanto clamoroso e deprimente come Doni, Sartor e compagnia. Senza pietà. Non può esserci pietà per quanti mettono a repentaglio l’integrità dello sport nel modo più bieco: taroccando i risultati delle partite o poi ricavandoci forti somme attraverso le scommesse. È vero che siamo alle prime fasi della nuova inchiesta e che un cittadino va considerato colpevole solo dopo l’ultimo grado di giudizio, ma è altrettanto vero che le accuse mosse dalla Procura di Cremona non lasciano spazio alla fantasia o agli alibi. La giustizia sportiva può già fare il suo corso, non mancano le prove. E, nel momento in cui verrà in possesso del materiale raccolto dagli investigatori, dovrà intervenire con rigore assoluto. Al resto penseranno i tribunali ordinari. Finiamola con il garantismo, i compromessi, i “se” e i “ma”. C’è gente che non può camminare a testa alta. Gigi Riva ha ragione quando dice: «Bisogna far capire, una volta per tutte, che chi si vuole arricchire comportandosi da furbo o da disonesto, deve pagare per i suoi comportamenti».
Che ci trovassimo di fronte a un campione particolarmente sinistro di malavita organizzata, con un raggio d’azione a livello mondiale, lo si era capito fin dall’inchiesta estiva. Bisognerà spiegarlo all’Uefa di Platini che ritiene il fenomeno – per bocca del suo capo ufficio stampa, Faulkner – puramente italiano. Eh no, caro amico. L’inchiesta coinvolge almeno due continenti e non so quanti paesi, dall’integerrima Finlandia alla latina Italia. Le istituzioni sportive non possono cavarsela con dichiarazioni laconiche e nessun fatto.
In Italia la Figc ha l’opportunità di cambiare passo: innanzi tutto con sanzioni radicali (radiazione per chi tarocca la partite e, aggiungiamo, per chi si dopa; squalifica di almeno sei mesi per chi scommette) e poi rivedendo i parametri d’iscrizione ai campionati. Se un club non è in grado di presentare una fidejussione primaria per arrivare a fine stagione, va lasciato a casa. In Inghilterra la busta paga è settimanale, da noi si ha la possibilità di onorare gli stipendi con tre mesi di ritardo.

C’è chi non rispetta neanche questo termine e lascia i giocatori più fragili, privi di stipendio, alla mercé dei malintenzionati che li avvicinano per manipolare le partite a loro piacimento. A sua volta l’Unione Europea non può continuare a giustificare la presenza di bookmaker farlocchi, senza concessione e licenza di pubblica sicurezza, in nome di una fantomatica «libertà di stabilimento».

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