Il futuro antico di Branduardi: «Canto il Carnevale di Venezia»

Sabato al Malibran di Venezia il primo concerto con i brani del ’500

da Milano

Gli è bastata una frase per rendere l’idea: «Tento di fare un passo indietro per farne due avanti». D’accordo che ad Angelo Branduardi «piacciono i paradossi», però questo è proprio lo slogan giusto per il suo nuovo cd Futuro antico IV - Venezia e il Carnevale che lui ieri ha presentato a Milano giusto in tempo per suonarlo dal vivo sabato la prima volta al Teatro Malibran di Venezia con il sostegno del Casinò, che grazie al presidente Mauro Pizzigati prova a ritrovare quella visibilità che da tempo gli manca. «Un appuntamento di altissimo livello», come ha detto il sindaco Massimo Cacciari. E così sabato sera sul palco si potranno ascoltare i due passi avanti che Branduardi ha realizzato con queste belle canzoni che vengono dal passato lontanissimo, dagli spartiti dei maestri di cappella veneziani del 1500 e del 1600 come Monteverdi. Furono loro che misero in musica il Carnevale, diviso nelle cinque fasi che da sempre lo rappresentano: «lo scherzo», «le maschere», «il sogno d’amore», «croce e delizia d’amore» e «il ballo e la festa». Per farlo, allora sfruttavano anche strumenti ormai dimenticati o quasi come la tiorba, la bombarda, la spinetta, la ghironda, che nelle canzoni di Branduardi e dell’ensemble Scintille di musica diretto da Francesca Torelli si aggiungono agli archi tradizionali. Il risultato è, com’è facile da immaginare, di un fascino altrimenti destinato all’oblio. Quindi complimenti a Branduardi, che continua a fare il pioniere del passato, scovando con gusto e caparbietà un repertorio che dai castelli, dai saloni nobili è lentamente sparito nell’oblio. E così, dopo gli stornelli della corte dei Gonzaga, incisi nel 2002, stavolta sono le canzoni che ai tempi della Serenissima esaltavano il Carnevale. «Il lato provocatorio di questo disco - ha spiegato ieri - è la presenza di una voce non impostata, la mia, mentre negli originali c’erano ugole bianche come quella di Farinelli». E il segreto è quasi casuale: «Io non ho una grande voce, ma mi ritrovo la modulazione adatta a quel tipo di canzoni. Mi ascolto e sembrano cose mie». Insomma, con questo cd Angelo Branduardi prova, come sottolinea lui, «a chiudere il cerchio». E precisa con orgoglio: «Rivendico alcune cose che oggi vanno per la maggiore e che io ho iniziato a fare in tempi non sospetti».

Sarà per questo che anche La lauda di Francesco, la sua rappresentazione di canti francescani, è arrivata ormai alla trecentesima rappresentazione. Tempi lontani quelli in cui Branduardi era quasi un divo da classifica: «È un po’ che non tocco quel tasto, ma ovviamente un giorno o l’altro inciderò di nuovo un disco pop».

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