Gabriele Nissim: «Il dolore del genocidio non è solo nostro»

La Shoah è un punto di riferimento per tutti i crimini compiuti contro l’umanità

Gabriele Nissim presiede il Comitato per la Foresta Mondiale dei Giusti, è scrittore, saggista e autore di numerosi libri legati alla Memoria, tra cui «Il Tribunale del Bene», storia di Moshé Beiski, l’uomo che creò il Giardino dei Giusti e «Una bambina contro Stalin».
Lei pensa che ci sia una forma di «vittimismo» da parte degli ebrei?
«Sono assolutamente d’accordo con il concetto di responsabilità di cui Segre parla. Oggi che il mondo nei confronti degli ebrei è cambiato, che esiste la forza di uno Stato ebraico e di una solidarietà internazionale a favore degli ebrei, oggi per loro è possibile rivendicare un’identità ebraica. Io vado tuttavia oltre al concetto di Segre e mi chiedo: cosa significa un concetto di responsabilità degli ebrei? Di più: cosa significa il Giorno della Memoria?».
Cosa significa?
«In primo luogo ritengo che la giornata della Memoria debba avere come punto di riferimento la Shoah, ma che deve essere aperta al ricordo di tutti i genocidi e i crimini nei confronti dell’umanità. Il motivo è che si fa “memoria vera” soltanto quando si vuole impedire che il Male si ripeta nella storia. Questa esperienza e questo tragedia, come sottolinea Segre, rende gli ebrei più sensibili ai drammi umani, e quindi questo patrimonio deve emergere chiaramente nel corso della Giornata della Memoria, mentre si tende a guardare con fastidio chi cerca di dare uno sguardo più trasversale (penso allo sterminio degli zingari o degli omosessuali). Secondo punto: condivido la sua osservazione di far valorizzare i Giusti perché sono uomini che si sono assunti una responsabilità del Male e sono un esempio morale per tutta Europa. Terzo punto: è fondamentale di non vedere il Giorno della Memoria come una ricorrenza che riguarda soltanto il rapporto tra ebrei e non ebrei. Gli ebrei dovrebbero dire chiaramente che l’antisemitismo non riguarda soltanto loro ma che avvelena il tessuto morale ed etico di un’intera nazione. Così la battaglia per la memoria diventa universale e non si ghettizza in un rapporto tra ebrei e non ebrei».
Esiste oggi un antisemitismo?
«Il vero problema è quello del fondamentalismo islamico e del diffuso odio nei confronti degli ebrei nel mondo arabo. L’Europa non dovrebbe più tollerare che una persona di origine ebraica non possa visitare né la Siria per esempio o l’Arabia Saudita. Come non dovrebbe più tollerare che in Iran non si possa parlare della Shoah. Riguardo invece all’Europa, la vera questione si pone nei Paesi dell’ex area sovietica: bisogna dire che non c’è stata mai una percezione dell’antisemitismo del mondo comunista e che proprio in questi Paesi la battaglia per la memoria della Shoah è ancora in corso. Passi in avanti sono stati fatti in Europa centrale, ma il tema è ancora molto complicato e scottante in Russia e in altri Paesi dell’area ex sovietica.

Ancora nella Russia di Putin non c’è una Memoria pubblica per gli ebrei che furono massacrati durante l’occupazione nazista. Per non parlare poi dell’altro grande oblìo: la memoria dei Gulag che sono il tema portante dei miei ultimi libri».

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