Galimberti, la fotocopia del silenzio

Ineffabile professor Galimberti. Anche dopo il quarto episodio accertato di «copia-e-incolla» che fa risalire al 1986 l’inizio dell’àlacre attività di clonazione di testi e pensieri altrui, l’autore dell’Ospite inquietante seguita a tacere. Imperturbabile. E indifferente, almeno in apparenza, alle ripetute esortazioni a spiegare, motivare, giustificare. Ieri, dopo che dalle colonne del Corriere della Sera il vicedirettore Pierluigi Battista lo aveva invitato a uscire «dal guscio della reticenza» per aiutarci a comprendere «la segreta molla psicologica del suo così ricorrente e autodistruttivo operare», anche Italia Oggi ha invocato «spiegazioni. Anche da parte dei superiori del “professor taglia e incolla”». Invece, niente. Non una sillaba.
Qualche giorno fa, in queste pagine, abbiamo dedicato un ampio servizio al nuovo libro di Stuart Sim intitolato Manifesto del silenzio. Oggi, però, dobbiamo ammettere che siamo stati lacunosi. Fra le tante forme di silenzio - quello spirituale del mistico, quello contemplativo dell’amante della natura, quello creativo dell’artista - non abbiamo incluso quello enigmatico del filosofo copiatore. Sul quale, pensando a Galimberti, ahinoi, c’è molto da dire. È un silenzio causato da imbarazzo - come qualcuno ritiene - e dalla difficoltà di trovare uno straccio di giustificazione purchessia plausibile? O è dovuto a una forma di arroganza per cui, anche se di copiatura si tratta, ciò che fa la differenza è il valore aggiunto del contesto? Come si vede, l’enigma c’è tutto.

E mentre noi siamo qui a dibattere sul dilemma, Galimberti persiste assorto nella sua attività.
Silenzio, dunque, il professore ha altro da fare. Anche se può star tranquillo perché, se un «bel tacer non fu mai scritto», di certo non sarà mai copiato.

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