Gallerie, stazioni e carrozze: la mappa dei binari pericolosi

MilanoPuò sembrare strano, ma la tragedia di Viareggio manda sul banco degli imputati l’Europa. Il governo e i sindacati, nel gioco delle parti, parlano una lingua comune. Certo, i rappresentanti dei lavoratori ce l’hanno col governo e con le sforbiciate al personale e alla manutenzione, per far quadrare i bilanci. Ma accanto a Roma, ecco l’Europa. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni, pur nel dubbio di una possibile omissione, punta il dito contro le leggi della Ue: «Delle due l’una. O le norme sono inadeguate e allora chiederemo all’Europa di modificarle, oppure non sono state rispettate e allora chi ha sbagliato dovrà risponderne». Ancora più netto, col Giornale, il segretario nazionale della Uil trasporti Dario Del Grosso: «Le norme italiane sono più restrittive. Quelle della Ue sono più permissive, perché si è tenuto conto degli standard arretrati dei Paesi dell’Est».
Il problema sicurezza va diviso in due: ci sono le infrastrutture, i binari, per intenderci. E c’è poi il trasporto, per esempio i vagoni cisterna di Viareggio. Qui il responsabile è il proprietario che può essere austriaco, tedesco, polacco, inglese e che autocertifica il rispetto della normativa. Immatricola i vagoni, svolge la necessaria manutenzione, in sostanza fa tutto da solo perché la supervisione di fatto non esiste. Le leggi europee sono a maglia larga e, specie nel comparto merci, sono affollate da operatori di molti Pesi che trasportano i loro carichi, anche pericolosi, e sfruttano il capitale di fiducia loro accordato.
C’è poi il capitolo infrastrutturale. Qui entrano in gioco le Ferrovie dello Stato. Controllate da un’Agenzia nazionale che è alle prime armi ma che si sta attrezzando per fronteggiare il difficile compito.
E qui le responsabilità sono da ricercare molto più in casa nostra. Con ritardi da colmare e con tutti i problemi legati a una gestione che cerca di risparmiare tutto il risparmiabile. Così, per capirci, si scopre che nel 2009 la rete GSM copre solo metà dei nostri binari: l’Adriatica, la Tirrenica, la Torino-Venezia, la Milano-Reggio Calabria, la Ancona-Roma e la Bari-Napoli. Questo significa che il segnale di prudenza, in presenza di un pericolo, non va e le chiamate di emergenza non possono essere fatte. «Se c’è un camion fermo sui binari - spiega Giulio Moretti dell’Orsa - il macchinista non può avvisare i colleghi dietro di lui». Poi c’è il problema drammatico delle gallerie. Tutte, tranne quelle dell’Alta velocità, sono fuori norma: prive di camminamenti, vie di fuga, illuminazione. In pratica, trappole. Proviamo a immaginare, ripetono in coro i sindacati, se la tragedia di Viareggio fosse accaduta in uno di questi tunnel. Per esempio sull’Appennino ligure, fra Milano e Genova, o sul percorso storico Bologna-Firenze. Sarebbe stata una catastrofe senza confini.


Se ci addentriamo nella pancia profonda dell’Italia, anche in paesaggi bucolici, i pericoli aumentano. Perché circolano ancora le automotrici diesel prive dei moderni apparati di sicurezza. Sulla Aulla-Lucca, sulla Pavia-Cremona o sulla Treviso-Belluno la tecnologia a bordo non c’è. Come ai tempi della guerra.

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