Galli della Loggia spiega la guerra senza pregiudizi

Ogni tanto conviene dare uno sguardo a cosa pensano gli storici. Un mini libretto edito dal Mulino, casa editrice nata liberale e finita azionista fuori tempo massimo, contiene una perla di Ernesto Galli della Loggia. Il testo si chiama La coscienza europea e le guerre del Novecento, titolo da suicidio di massa, e il libro si chiama Senza la Guerra. Superato lo shock della titolazione, ci si immerge in una lettura che anche un non addetto ai lavori può apprezzare. E ciò che più conta per questo rubrichino, si scorge il suo angolo liberale. L'essenza della politica, senza scomodare Von Clausewitz, «fondata sul dualismo amico\nemico, ha nella guerra il suo prototipo» scrive Galli. Le due grandi guerre del Novecento hanno visto un solo sconfitto: L'Europa, nonostante alcuni dei suoi fondatori si siano poi dichiarati tali. «Nel nostro continente è avvenuta la fine di quello che può chiamarsi Stato\Nazione potenza» e ancora si è dissolta la preminenza militare dell'Europa e del suo dominio globale. Questa circostanza è coincisa con la vittoria ideologica della democrazia e con l'affermazione del pacifismo come ideologia maggioritaria. Ma «mentre l'Europa democratica ha messo virtualmente fuori legge la guerra e si è ritratta anche psicologicamente dalla dimensione dell'uso della violenza, viceversa nel resto del mondo le nuove e vecchie statualità hanno dato inizio ad una fase quasi epidemica, forte, di conflittualità». Galli della Loggia in poche pagine ci spiega un fenomeno storico, con gli strumenti, direbbe qualcuno, dello spirito e non giù con gli attrezzi tipici dell'economia e del materialismo marxiano. Una bella boccata d'aria. La guerra, insiste, è per molti valore tradizionale di virilità, disponibilità al sacrificio, spirito di conquista. Non sempre, aggiungiamo noi, ricerca del profitto petrolifero.

«Dal momento che gli stati europei non hanno più la possibilità di fare la guerra, e dunque di avere una vera politica estera, l'Europa agita le ragioni etiche della pace per cercare di far sì che neppure altri possa fare la guerra e avere una politica estera». Il saggio continua con l'errore diffuso, che è conseguenza di quanto scritto sino ad ora, di dare un giudizio morale sul passato. La grande guerra è solo l'inutile strage e non tante altre cose insieme.

Galli si fa sfuggire anche una pizzicatina alla nostra società di economisti, che hanno dimenticato la storia, e la cui cultura li porta ad un ragionamento appiattito e poco strategico sulla politica. Insomma poco più di un articolo. Lo leggete in un pomeriggio. Ma ci penserete sopra, qualche ora di più.

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