Gallitelli e l’orgoglio da carabiniere: «Noi, unirci alla polizia? Mai»

Tanto tuonò, che non piovve. Per i cultori della sicurezza a senso unico - nel senso di coloro che spingono da anni per unificare le varie forze dell’ordine in un solo corpo di polizia - quella di ieri è stata una giornata plumbea. Il comandante generale dei carabinieri, Leonardo Gallitelli, ha messo definitivamente la parola fine alla ventilata fusione fra carabinieri e polizia di Stato: «È un problema che non si pone». Non esisteva prima, non esisterà in futuro. Secondo Gallitelli, che ha parlato davanti alla Commissione Difesa di Palazzo Madama, la fusione a freddo «è un argomento «più giornalistico che altro, non è nella concretezza». Lui, Gallitelli, parla a nome dei tantissimi carabinieri. «Sono assolutamente contrario, ma è una contrarietà nell’ordine delle cose». E spiega perché: «Con la polizia di Stato siamo in assoluta convergenza di fini e di obiettivi, siamo amici fraterni, facciamo lo stesso mestiere e dire che i rapporti interpersonali sono eccellenti è poco», ma ognuno ha la sua «cifra distintiva» e «credo che il problema non si ponga nemmeno. Penso che in questo momento anche il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, possa essere d’accordo con me».

Piantato il paletto, ribadita la sua totale contrarietà alla fusione, Gallitelli ha posto l’accento sulla «condizione militare» vera e propria dei carabinieri, che «ha in sé i presupposti etici e giuridici per sostenere la tensione morale dei singoli e per garantire la coesione di strutture pur fortemente decentrate, come le nostre stazioni, in ragione del radicato senso della disciplina e del rigoroso rispetto della dignità della persona, cui tutti i militari sono educati. È sulla base di questi fondamentali presupposti - ha concluso - che l’Arma può oggi presentarsi quale istituzione con un’efficienza matura e straordinariamente moderna».

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