General Motors a secco, fallimento a un passo

General Motors è a corto di carburante al punto tale che risulta compromessa la continuità aziendale. Ad affermarlo, in un documento di informazione periodico trasmesso alla Sec, la Consob a stelle e strisce, è stato ieri lo stesso colosso di Detroit. «L’incertezza legata all’implementazione effettiva del piano di rilancio - si legge nel documento - solleva dubbi sostanziali sulla nostra continuità aziendale». A metà febbraio nel presentare il piano di rilancio i vertici del gruppo automobilistico Usa, che a fine 2008 ha già ricevuto aiuti statali per 13,4 miliardi di dollari, hanno chiesto a Washington altri 16,6 miliardi. Il piano prevede che le vendite di auto tornino a salire nel 2010 ma a caro prezzo: dovranno essere sacrificati 47mila posti di lavoro.
Del resto, fa sapere la stessa società ex alleata di Fiat, dubbi circa la continuità dell’operatività aziendale sono stati sollevati anche dai revisori di Deloitte & Touche. A questo punto, se il governo americano non dovesse pompare nuovo denaro nelle casse di GM, come ipotizza la stessa società nella nota, «potrebbe verificarsi la necessità di trovare protezione sotto la legge fallimentare statunitense». Per il gruppo di Detroit, che a febbraio ha accusato un calo delle vendite negli Stati Uniti di oltre il 50% e che ha chiuso il 2008 con una perdita netta di quasi 31 miliardi di dollari - in forte peggioramento dal rosso di «appena» 2 miliardi del 2007 - si prospetta dunque la possibilità di un imminente ricorso al Chapter 11, se non addirittura al Chapter 7: Se con il primo provvedimento si tenta di preservare l’operatività aziendale, con il secondo, che va uno stadio oltre, si procede alla liquidazione degli asset della società in difficoltà. In entrambi i casi è molto difficile che chi ha acquistato azioni ordinarie si trovi in mano qualcosa di più che un po’ di briciole. Intanto ieri, sul Dow Jones di Wall Street, il titolo General Motors ha virato con decisione al ribasso (-14%), scendendo sotto i 2 dollari e chiudendo a 1,9 dollari. In tale contesto negativo, ha subito una sforbiciata decisa anche il compenso di Richard Wagoner, dal 2000 ceo di General Motors, che con riferimento all’esercizio 2008 è sceso all’ancora ragguardevole cifra di 5,4 milioni di dollari dai 14,1 milioni ricevuti l’anno prima.
Intanto ieri, a Washington, Steve Rattner e Ron Bloom, i due advisor della task force sull’auto Usa, oltre ai vertici di GM, hanno incontrato il numero uno di Fiat, Sergio Marchionne, che ha esposto i dettagli dell’alleanza del Lingotto con Chrysler, operazione che consentirà al gruppo americano di ripagare i debiti contratti con il Tesoro Usa. «Possiamo apportare il valore aggiunto necessario per la ripresa di Chrysler», ha dichiarato Marchionne subito dopo il meeting.
I problemi della casa madre GM riecheggiano anche al di qua dell’Oceano, mettendo nei guai la controllata Opel, che conta più di 55mila dipendenti in tutta Europa. Secondo un rappresentante dei sindacati intervistato dal Berliner Zeitung, sarebbero a rischio 400mila posti di lavoro considerando anche l’indotto.

A riguardo, il commissario Ue all’Industria, Guenter Verheugen, ha proposto un vertice cui possano partecipare tutti i Paesi europei dove si trovano degli stabilimenti di proprietà di GM, «per capire cosa intendano fare». Il timore di Werheugen è che i diversi paesi possano agire in ordine sparso creando così disparità di trattamento all’interno dell’Unione europea.

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