Roma - Un pomeriggio, prima che la scuola iniziasse, uno di quegli ultimi giorni di vacanza che hanno il sapore esaltante dei gelati rubati all’estate, gli occhi del mostro sono entrati in casa. Una barba brutta, un viso lungo, aguzzo. Tutto inizia così. Il cartone animato che si interrompe. Due torri che si accartocciano come Lego infuocati. Due aerei che spaccano i grattacieli e li trapassano. Corpi di gomma che piroettano verso il loro destino. E poi quella faccia. Osama Bin Laden. Il protagonista di un videogioco partito in mezzo ai cartoni dei bambini, l’11 settembre 2001. E che, da quel pomeriggio, inizia a scavare ricordi, plasma le consuetudini, insegna a togliersi dallo zainetto i coltellini quando si viaggia, ad alzare gli occhi al cielo quando un aereo vola troppo basso, sopra le case.
I ragazzi che ora hanno vent’anni sono cresciuti con un uomo nero che aveva due occhi che conoscevano. È la prima generazione che ha conosciuto il suo mostro. I loro padri erano stati tenuti a bada con un fantoccio scuro che non esisteva, che poteva essere il buio, lo sconosciuto che entra in casa, la tua solitudine. Chi è nato negli anni ’70 si porta negli occhi il corpo di Moro piegato nella Renault. Ma il loro mostro, le Brigate Rosse, non aveva occhi e bocca, era la paura delle morti senza senso, la repulsione per l’intolleranza. I bambini dell’11 settembre hanno sempre conosciuto il mostro, Osama il cattivo. Come un puffo di plastica barbuto, sono riusciti anche a ridicolizzarlo. Lo hanno fatto diventare il videogioco della fantasia. Ridi del buio e il buio non fa più paura. Su Facebook la pagina «Bin Laden campione mondiale di nascondino», frequentata molto da giovanissimi, conta quasi 30mila iscritti nella versione italiana. I babyinformatici lo hanno fatto diventare donna, con una parrucca di ricci, gli hanno staccato la testa e con il copia incolla l’hanno appoggiata alla mano della Statua della libertà.
Eppure sotto l’infantile onnipotenza capace di spappolare anche Bin Laden in questi dieci anni viveva la paura: «La paura degli attentati in aereo. La paura dei kamikaze», racconta Consuelo Angioni, studentessa di Filosofia a Padova, che compirà i suoi vent’anni l’11 settembre. Quel pomeriggio di quasi dieci anni fa, il giorno del tempo pigro e infinito strappato all’estate, guardava la televisione, «come tutti i bambini, un programma su Rai Tre, Melevisione. Improvvisamente il cartone s’interruppe, non era mai successo! E iniziò il telegiornale, edizione straordinaria. Spaventati? Non vedevamo l’ora che il telegiornale finisse». Ma il cartone non riprese mai più, e poi i genitori la sera iniziarono a spiegare. E poi spuntò il Cattivo, e gli videro gli occhi, e poi capirono che la vita era cambiata, e avevano paura che «pure a Roma ci sarebbe stato un attentato».
Sul sito Libertiamo Stefano, studente di Scienze Politiche a Milano, spiega cosa significa essere stati bambini al tempo di Osama Bin Laden: «Ricordo di essere stato chiamato da mio fratello mentre giocavo in giardino». Da quel giorno «imparammo che morire non era poi così difficile come sembrava». Come un birillo abbattuto, un treno che può sbriciolarsi all’improvviso. «Guardavamo con circospezione il nostro vicino in metropolitana, soprattutto se aveva una folta barba, e un abito lungo».
Ma poi iniziarono a «cantare la canzoncina su Bin Laden - ricorda Consuelo - quella che diceva Voglio fare l’americano». E andarono, adolescenti, a vedere il film di Michael Moore. E qualcuno si appassionò ai complotti.
Hanno ucciso l’uomo nero, adesso. La marionetta si è accasciata, ma l’hanno portata fuori dalla scena senza farla inchinare. Chi era davvero, l’uomo che un pomeriggio di settembre riuscì a interrompere i cartoni dei bambini? Sembra che i giovani vogliano ricordare e conoscere. Negli ultimi giorni Yahoo Search ha registrato un impennata di ricerche in tutto il mondo alla voce «Who is Osama Bin laden» da parte di ragazzini tra i 13 e i 17 anni. «Ho molte perplessità sulle foto che non vengono mostrate, come molti miei coetanei - dice Consuelo - non mi ha rallegrato che sia stato ucciso».
Bin Laden è l’ossessione di un’infanzia che l’aveva reso un giocattolo senza conoscerlo.
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