A gennaio la nuova manifestazione

Caro Massimiliano, l'idea del prossimo incontro incentrato sui diritti democratici è davvero allettante. Di fronte alla nomina di un presidente del consiglio non eletto da parte di uno che non puoi nemmeno criticare per non rischiare il vilipendio, non mi sento europeo. Mi sento coreano. Del nord. Quando il nostro presidente ci lascerà, mi auguro tardissimo, spero non ci vengano pure imposte le lacrime statali come in Asia perché le abbiamo esaurite. D'altro canto la provenienza politica di Kim Jong - il e del nostro è la stessa, sebbene tra gli orologi di antiquariato ed il mobilio di tek anche il comunismo assuma un altro aspetto. Migliore. La classe non è acqua e perfino Breznev aveva la dacia. Ma torniamo ai professori. Tutti, nel mondo, in un modo o nell'altro, se lavorano male rischiano un calcio nel didietro. PM, giudici, docenti passando per chirurghi, giornalisti, avvocati e via di seguito. Ma come è noto, sulla Terra esistono solo tre categorie che non rispondono a niente ed a nessuno. I dittatori di qualsiasi paese, i magistrati, italiani, ed i professori universitari, italiani. Il nostro presidente non era in lista perché, a costituzione, aveva solo poteri di rappresentanza ma la Suprema Carta ultimamente ha utilizzi meno nobili. Comunque ce ne ha piazzati parecchi al governo ed i risultati li vedono tutti tranne i giornalisti di Repubblica che ancora stamattina su La7 sostenevano che lo spread sta calando. Poi, visto che l'indecenza ha un limite, ci hanno aggiunto «ma lentamente». Questi scienziati non perdono occasione per dirci che devono farci pagare l'aver vissuto al di sopra delle nostre possibilità. I miei colleghi tedeschi lavorano meno di me, pagano meno tasse, prendono un terzo in più di stipendio e non mi risulta che in Germania ci siano imprenditori che si sparino un colpo in bocca ogni due settimane come nel triveneto. Direi quindi che il problema sia capire CHI ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità.
Ma se il debito privato in Italia è a minimi da record mondiale mentre quello pubblico vola la risposta è semplice. È lo Stato che ha vissuto al di sopra delle SUE possibilità perché da fornitore di servizi è diventato una struttura autoreferenziale che giustifica ogni appropriazione. Prova ne sia il Comune di Genova che, pur avendo perso un terzo dei residenti in vent'anni, ha gonfiato la propria struttura fino a diventare la prima azienda cittadina. Altro che farmacie e taxisti. Dicono che lo stato fornisca i servizi. Non è vero. Non più. Se ho bisogno di essere assistito, devo andare privatamente a meno di non finire in gironi danteschi con tempi di attesa epocali o pronti soccorso intasati da clandestini dove perfino una giovane Pubblico Ministero viene lasciata crepare. Bus e treni scomparsi. Autostrade? Acqua? Gas? Strapagate privatamente. A scuola pubblica impari prima l'arabo e lo spagnolo. Poi, forse, U come Uva. Disperato, un amico Prof mi dice che almeno io uso la strada asfaltata. Balle. L'asfalto lo stende un privato in subappalto che lo stato, sempre lui, non paga. Ma gli manda Equitalia a confiscargli le betoniere finché non si suicida come la scorsa settimana a Treviso. Si salvano solo le forze dell'ordine che, davvero, arrivano sempre ma dovrebbero anche loro cominciare a cercare i colpevoli dei loro magri stipendi dove sono e non in giro. Insomma, da anni lo stato non siamo più noi. Lo stato sono loro. Sono tutti quelli che, di riffa o di raffa, ci campano dentro o intorno e sono milioni a partire dal Presidente, passando per Monti, uscieri e lacchè giù giù transitando per quelle imprese private sconosciute (?) che si succhiano 30 miliardi l'anno di finanziamenti pubblici. E non prendiamoci in giro. Presidenti, consiglieri regionali e consiglieri di amministrazione di municipalizzate sono inclusi nella lista, visti gettoni e stipendi. Ovviamente c'è chi lavora e prende il suo mestiere con passione ma chissenefrega? Anche chi produceva fruste per carrozze a cavallo lo faceva con passione. Erano 17 aziende in Italia a fine 800. Poi è arrivata l'automobile.

Se si deve cambiare, si cominci dalle cause. Poi saremo tutti disponibili a sistemarne gli effetti. Abbiamo davvero il coraggio di parlarne a viso aperto? Perché politicamente non paga, nell'ex belpaese. Non vedo l'ora.

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