GENOVA PER NOI CHE NON LA AMIAMO

Basta un film ad accendere un dibattito? Sì, a Genova si può. E con questo intervento vogliamo aprire le pagine al tema dell’amore dei genovesi per Genova.

Volevo ringraziare Massimiliano Lussana per il meraviglioso articolo, in cui, parlando del film «Giorni e nuvole» ha fatto trasparire un amore clamoroso per Genova per il quale, come genovese, mi ha fatto venire i brividi. Specie pensando che, lui è un «foresto», a Genova solo da 4 anni (ma ne è sicuro? Mi sembra che il Giornale sia un mio caro amico da tanti anni). Mi viene spontanea una riflessione, che voglio condividere con voi. Perché amare Genova e manifestarlo è merce così rara? Parlando ogni giorno con tante persone, il feeling prevalente è quello della desolante perdita di fiducia, non si vede neppure più la straordinaria bellezza della città, ammuffendo e contorcendosi in un nullismo cosmico senza speranza e senza idee. Tutti mugugnano, tutti piangono, tutti si lamentano, e pochi, troppo pochi, fanno qualcosa di serio per cambiare. A mio modestissimo avviso il problema più grande è che in una città meravigliosa, dalle straordinarie potenzialità, manca per molte ragioni, politiche e culturali, una vera, forte, cultura della centralità dell'impresa, laddove vengono vissuti come maggiormente importanti gli aspetti del pubblico, in tutte le sue manifestazioni .
Insomma, come si evince anche dal bellissimo libro di mister Caprotti (il Signor Esselunga) intitolato significativamente Falce e carrello, che consiglio a tutti di leggere, Genova e la Liguria vengono subito dopo l'Emilia e la Toscana come Paesi del comunismo reale. Io ho un fratello che vive a Cuba. Là almeno le cose sono chiare. Il posto è bello, il sistema fa schifo, se ti lamenti vai dentro. Qui la differenza è solo che se ti lamenti non frega assolutamente nulla a nessuno. Tanto poi, guardando la Lanterna e mugugnando, al giorno del voto, tutti tornano a votare per la solita banda.

Ma noi resistiamo, ci incazziamo, lavoriamo qui, non ce ne andiamo, non chiudiamo; se possibile, anche scrivendo di notte all'amico direttore, cerchiamo di manifestare che Genova è da amare, ma amarla vuol dire soprattutto darle un futuro, e quindi solo creare posti di lavoro veri per i nostri figli. Grazie ancora per il bellissimo articolo.

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