il dibattito in redazione

2 SANTO STEFANO D’AVETO
Io, papà distrutto, e le parole

del sindaco dopo la tragedia
Pregiatissimo sindaco di Santo Stefano d’Aveto. Non ci conosciamo personalmente, ma indirettamente attraverso i verbali attestati di stima che mio figlio le rivolgeva, tutte le volte che ci parlava di lei: sono il papà di Marco Corvisiero, ma non le scrivo come padre, le scrivo come «persona» che da sempre ama la val D’Aveto, come persona che pensa che determinati valori vadano, al di là della demagogia e dello squallido politichese dilagante, sempre e comunque rispettati. Le scrivo perché ho visto una sua bella foto, quasi mediatica, librato a mezz’aria sulla seggiovia del Monte Bue. Ho letto con piacere il progetto che vedrà S. Stefano rifiorire come località sciistica e ho pensato quanto Marco, che ha lasciato Les Deux Alpes per venire a fare il maestro di sci sui suoi monti, sarebbe stato contento. Scrivo a lei e, indirettamente, al suo compagno di seggiovia... Caro sindaco, prima di piazzare i cannoni da neve, non si dimentichi di riesaminare un attimo le procedure di soccorso che dovrebbero essere operative in una località sciistica come S. Stefano. Mi conceda un piccolo sfogo: è stato fatto un tentativo di far passare la tragedia di quella domenica, dalle mille domande e dalle pochissime risposte come una ineluttabile fatalità; è stato velatamente, ma sapientemente, sussurrato che Marco era un imprudente: niente di più falso in entrambi i casi. Non eravamo in Alaska: è stato un susseguirsi di incomprensibili errori, alimentati anche dalle assurde rivalità che animano certe organizzazioni. Marco avrebbe potuto salvarsi se il coordinamento (ripeto: il «coordinamento», e mia stima va alla generosità e buona volontà di tutti i presenti sul posto) avesse avuto una «mente lucida»... E lei, signor sindaco, questo lo sa benissimo. Ripeto, non le parlo da genitore, le scrivo da persona che si è documentata sulle relazioni delle varie organizzazioni intervenuti in quel giorno, ha raccolto le testimonianze dei presenti e appreso anche quanto ipotizza fin dal primo giorno il medico legale: sono pagine che farebbero rabbrividire chiunque abbia un minimo di coscienza, capacità critica e... affetti. Caro Sindaco, la prego, prima dei cannoni da neve al prato della Cipolla, una località così vicina all’influenza del mare, prima di scelte populiste, si assicuri che gli interventi di soccorso non siano in competizione gli uni con gli altri, si assicuri che sul monte in caso di incidente, arrivino prima i medici (magari con esperienza specifica) che i giornalisti, si assicuri sia sempre un elicottero «nato»... per i soccorsi in montagna.
Perché le scrivo? Perché non accada mai più, perché nessun altro debba provare provare un dolore così immenso e insanabile, perché Marco non sia morto inutilmente: «congelato come un pollo», su un muro di neve da cui siamo scesi tutti, ma proprio tutti: uomini, bambini, anziani e donne incinta. Un muro!?! Un percorso lungo sì e no un centinaio di metri. Morto travolto da una slavina di «quindici metri» di fronte. Quindici metri!?! Da qui a... qui. Ripeto, non eravamo in Alaska. Un muro, dove due giorni prima c’erano, e quindici giorni dopo di nuovo nascevano le primule.
2 I TRASPORTI IN CRISI
Solo il vicesindaco

viaggia su autobus vuoti
Caro Dott. Lussana, ho letto e riletto su un quotidiano, mentre facevo colazione in un bar, un'esternazione del Vice Sindaco di Genova circa il «taglio» per 1 milione e mezzo di chilometri annuali di servizio Amt che partirà dal prossimo 13 giugno: «Non mi posso più permettere di trasportare aria, basta bus vuoti nelle strade, la gente capirà». Credevo che il barista avesse sbagliato a servirmi la colazione: un bicchiere di barbera anziché una spremuta d'arancia... no no... stavo proprio prendendo una spremuta d'arancia... Battute a parte della serie «ridiamo per non piangere»... mi chiedo: ma questo vice Sindaco dove vive? Ma non ha mai preso l’«1» da Caricamento in direzione ponente verso le 17? Oppure sempre verso le 17 un bel «20» o un «18» passando da Darsena/Commenda? E un «34» alle 7.30 in direzione Staglieno o sempre un «18» verso le 17.15?
Di aria, su quei mezzi non ce n'è manco per respirare, caro Avvocato Pissarello, perché di autobus ce ne sono già meno da un po' di tempo ma la gente è sempre molta: si sale su quei «mezzi» e si resta stipati come sardine, tanto da ricordare quegli «sgangherati» bus che si vedono nei documentari sull'Africa e che magari mostrano un viaggio-tipo a Nairobi dove le persone si aggrappano addirittura all'esterno tanto da non consentire la chiusura delle porte.
Ancora non ci siamo a questa «immagine», ma con un Vice Sindaco che vede «aria» sui mezzi pubblici genovesi, non manca molto e ci arriviamo. Mi ha anche fatta sorridere che ha preso da esempio Cracovia come utilizzo per il drin-bus (Cracovia perché utilizza bus di Amt): perché invece non pensa «alla grande» e focalizza il suo pensare su Tokyo dove gli autobus hanno una successione di 5 minuti e la densità di popolazione è molto, ma molto molto molto superiore a Genova... magari il biglietto costerà anche di più, ma se tanto mi dà tanto! Qui paghiamo 1,50 euro per trasportare «aria»... allora, per restare nei nostri confini italiani, vada a fare un tour a Milano e Roma per vedere come si fa trasportare utenza con 1 Euro.
Mille grazie per la Sua attenzione ed un saluto di stima a Lei, Direttore. Una genovese davvero nauseata.
Erica Leonardi
2 VIA VENTI E DINTORNI
Genova, le ramble

e le relative imitazioni
Mi rallegro perché i comunisti, da sempre moderni e progressisti, si sono convertiti al precetto antico di imitazione. La Rambla di Genova figlia di quella di Barcellona. In verità bisognerebbe precisare che forse è improprio parlare di Rambla al singolare perché, nella città iberica, si dice spesso Las Ramblas. Infatti il lungo percorso si divide in: la Rambla de Canaletes, la Rambla dels Estudis, la Rambla de Sant Josep, la Rambla dels Caputxinse e, infine, la Rambla de Santa Monica. E noi genovesi, governati dall’illuminata Vincenzi, specificare: la Rambla De Ferrari, la Rambla del Ponte Monumentale, la Rambla della Consolazione...
Ma a Barcellona, dopo la Rambla del Caputxins, appena dopo Palau Güell, esiste una sorta di Rambla della prostituzione. Allora mi sembra giusto, sempre per attenersi al principio attivo imitativo, organizzare, dopo la Rambla della Consolazione un tratto dedicato alle signorine di via delle Vigne (e vico Mele) che qui potrebbero esporre le loro grazie. E visto che siamo ormai nei pressi di piazza Della Vittoria si potrebbe denominare questo frammento di percorso, la Rambla delle puttane vittoriose.
Giovanni Grasso
2 I VALORI TRADITI
Vincere non autorizza

a disprezzare i vinti
Spettabile direzione, per me, ormai avanti negli anni, prendere la penna in mano e scrivere una lettera ad un quotidiano è una fatica enorme, seppur, quand’ero giovane mi davano del «grafomane». Comunque, oggi desidero far sentire la mia modesta voce e unirla al coro dei tanti che la pensano come me anche se non manifestano in modo esplicito e pubblico. Mi è piaciuto in modo quasi esagerato il Massimiliano Lussana del 27 aprile 2011 nel suo commento «I vincitori sono sconfitti se manca l’umanità».
Bravo Lussana! Tre volte bravo! È un pezzo da incorniciare il suo! Mi meraviglia che tante persone possano ancora applaudire un «piccolo uomo» come Nando Dalla Chiesa, - che peccato un tal cognome! -
Ed è un peccato che tanti genovesi riescano ancora ad accettare una sindaco come la Vincenzi che la pensa esattamente come Dalla Chiesa. È però triste, alla mia età, e dopo aver vissuto l’epoca dell’ultima guerra e del dopo guerra in Romagna, in Lombardia e poi a Genova, constatare che esistono ancora persone di così bassa caratura umana che coltivano ancora odio e disprezzo per chi è caduto, in buona fede, anche se dalla parte perdente (che non sempre vuol dire sbagliata!).

I morti sono sempre rispettabili e noi che ci diciamo cristiani, dovremmo saperlo bene. O abbiamo dimenticato che Gesù è morto per tutti, bianchi o neri, buoni o cattivi, belli o brutti; Lui non ha fatto distinzioni ed è salito in Croce per me e per Nando Dalla Chiesa.
Grazie.
Adriano Garavini

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