di Ferruccio Repetti
Laccusa, prima sommessa, poi sempre più amplificata su libri e giornali (tanto da accreditarsi di per se, non in quanto verità provata!), è lapidaria: la Chiesa genovese, e in particolare lallora vescovo Giuseppe Siri sono responsabili daver favorito, nellimmediato secondo dopoguerra, la fuga in Sudamerica di criminali nazisti (tra cui Adolf Eichmann) e ustascia. Tutto questo, ben conoscendo lidentità dei «protetti», nellambito dell«Operazione Odessa» che era stata organizzata verso al fine del conflitto con il concorso di industriali e politici tedeschi e aveva lo scopo di assicurare lincolumità a un «esercito» di fuggiaschi, criminali in cerca di scampo dalle forche degli Alleati. Non solo: secondo una certa storiografia ufficiale o ufficiosa, e comunque accreditata, «Odessa» - lacronimo in lingua tedesca per indicare l«Organizzazione degli ex membri delle SS» - aveva anche lobiettivo di esportare lingente massa di denaro che alti gradi delle forze armate tedesche avevano accumulato allepoca del nazismo e, infine, di creare una sorta di Quarto Reich a completamento dellopera di Hitler.
Tesi suggestive, richiamate, nel 2003, da Uki Goni nel libro «Operazione Odessa-La fuga dei gerarchi nazisti verso lArgentina di Peron» (Garzanti Editore), oltre che in alcuni servizi giornalistici che ribadivano le colpe di Siri, della Chiesa locale e del Vaticano nellaver non solo coperto, ma addirittura organizzato lespatrio clandestino di personaggi che si erano macchiati dei crimini più orrendi. Alle accuse era seguita una replica del cardinale Tarcisio Bertone e un ampio servizio del «Settimanale Cattolico», senza peraltro riuscire a diradare i sospetti e le «testimonianze» di pseudo-storici sullargomento. Tanto più opportuno, quindi, arriva ora in libreria lapprofondito volume «Odessa-La vera storia e la leggenda nera» di Sergio Pessot e Piero Vassallo (Novantico Editrice, 280 pagine, 20 euro), che confuta le tesi semplicistiche degli accusatori della Chiesa e del Cardinale che ne tenne la guida dal 1946 al 1987, riportando fatti storici, testimonianze autentiche (senza «virgolette»), ricordi e documenti in parte inediti, in grado, in molti casi, di ribaltare le verità acquisite in precedenza. A partire dalla definizione dei fuggiaschi, «scampati ai massacri e lasciati passare attraverso la fitta rete tesa dai militari al servizio dei giudici di Norimberga perché risultati del tutto estranei alle attività criminali dei nazisti. Erano a volte provvisoriamente ospitati in conventi o altri istituti protetti da extraterritorialità, dove ottenevano salvacondotti della Croce Rossa». Uno dei più importanti centri di accoglienza era la chiesa di San Teodoro, dove era parroco don Bruno Venturelli, ex prete partigiano e amico di Siri. Grazie alla copertura delle organizzazioni umanitarie cattoliche, spiegano gli Autori, «la cosiddetta via dei Monasteri o dei Ratti si dimostrò la più sicura», e venne percorsa prima di arrivare al porto di Genova da cui sarebbero salpati i bastimenti alla volta del Sudamerica. In questo ambito, «la smentita di Bertone non contemplava la conoscenza di alcune decisive notizie sui fatti».
Nelle pagine di Pessot e Vassallo - che si leggono come un romanzo, ma sono tuttaltro che un romanzo - scorrono le evidenze che frantumano le supposizioni assurte a realtà: come cita nella prefazione Beppe Franzo, «il tentativo degli autori di riaffermare la verità storica mira a scardinare le false teorie propagandate dalla (sub)cultura di sinistra, atea e anticristiana, dal dopoguerra a oggi. La Chiesa - sottolinea ancora Franzo - corse in aiuto di uomini in pericolo visti come creature da amare in Dio, per mezzo di Dio e per Dio. E lo fece in maniera naturale e spontanea.
Da qui, insomma, sarebbe indispensabile ricominciare: tralasciando le storie e attenendosi alla Storia. Per conoscere e capire, einaudianamente, prima di giudicare.
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