Quelle «mura» da Oscar

Quelle «mura» da Oscar

Proseguiamo il nostro cammino attraverso le grandi pellicole girate, integralmente o in parte, a Genova. In questa occasione ho deciso di introdurre un film carico di spunti di riflessione riguardo al rapporto tra la nostra città e le caratteristiche dei personaggi che frequentemente vengono presentati tramite essa: si tratta de «Le Mura di Malapaga» (le mura che costeggiano tutt'ora la zona di piazza Cavour), produzione risalente al 1949 diretta da René Clément, vincitrice del premio per la miglior regia e per la migliore interpretazione femminile a Cannes (oltre all'Oscar al miglior film straniero come premio onorario, poiché non esisteva ancora ufficialmente essendo stato istituito solo nel 1957).
Molto brevemente, l'opera, ambientata totalmente a Genova racconta la storia di Pierre (interpretato da un gigante del cinema come Jean Gabin) che si trova costretto a sbarcare da un piroscafo proveniente dalla Francia per farsi curare un fastidioso mal di denti, nonostante sia clandestinamente nascosto per fuggire dalle accuse di omicidio dell'amante. Dopo lo sbarco incontrerà diversi personaggi, ma la vicenda si concentra sulla relazione amorosa che si instaura tra lui e Marta (Isa Miranda), cameriera con una vita coniugale travagliata. Il film termina con la cattura del protagonista da parte delle forze dell'ordine.
Il primo quarto d'ora circa di narrazione rappresenta la sezione del film con una maggiore densità di spunti e contenuti. Difatti il regista tende a mettere subito in evidenza le caratteristiche della nostra città che interessano a questo tipo di produzione, e che poi si perpetueranno in tutto l'arco della vicenda: Genova viene dipinta principalmente come un porto (si possono riscontrare costanti riferimenti al mare e alla Lanterna), intesa tale sia da un punto di vista logistico/architettonico sia mirando a sottolineare la «portualità» dell'ambiente e dei personaggi. Penso che sotto questo aspetto sia stato effettuato un ottimo lavoro di ricostruzione della vitalità del centro storico e della susseguente immedesimazione dello spettatore in essa. Da un lato chi oggi vede la pellicola può svolgere un'interessante opera di comparazione tra l'attuale paesaggio e quello testimoniato da certe riprese, denotando una nostalgica miscela fra particolari ancora presenti ed altri spariti da tempo. Simbolica a tal proposito è una delle prime inquadrature del film: viene mostrato il protagonista che cerca informazioni passando di fronte ai ristoranti di Sottoripa e all'edicola tutt'ora presente alla base di Palazzo S. Giorgio, contemporaneamente deve stare attento ad evitare l'arrivo di un tram sui binari che passavano proprio parallelamente alla direzione dei portici. Dall'altro lato, invece, lo spettatore contemporaneo non può fare a meno di cogliere la totale attualità di questa descrizione cinematografica del «vivere» Genova, in particolare il centro storico; l'eterogeneità dei personaggi che lo abitano (molto eloquente a tal proposito l'accento slavo del primo personaggio a cui il protagonista chiede informazioni), l'esuberanza della folla indaffarata a renderlo mercato e luogo d'affari, la rapidità con la quale chi lo attraversa di passaggio ne viene inglobato sono tutte peculiarità che sicuramente qualsiasi genovese può riscontrare quotidianamente nella parte centrale della propria città.
Genericamente questo film viene inserito, anche se in posizione periferica, nella corrente neo-realista che caratterizzò il cinema (specialmente italiano) intorno alla metà del novecento. Rifuggendo una vera e propria comparazione fra i capostipiti del genere e questo film in particolare, che richiederebbe un lungo e complicato dibattito, è mia intenzione in conclusione evidenziare solamente come una delle caratteristiche più ricorrenti di questo genere cinematografico sia perfettamente aderente all'intento registico sopracitato, ossia rendere conto in maniera completa dell'ambiente peculiare che distingue Genova da altre città. Questo tratto neo-realista consiste nella tendenza ad evitare ellissi temporali anche brevi, ovvero omissioni di determinate inquadrature giudicate irrilevanti ai fini di una narrazione più scorrevole; ma nulla della città in cui viene ambientato questo film è giudicato irrilevante, non svolgendo essa solamente il ruolo di sfondo.

Ad esempio nella ricerca di informazioni iniziale sono raccontate anche le informazioni apparentemente meno rilevanti riguardo ai tentativi e ai fallimenti del protagonista, poiché Genova così interpretata necessita di una descrizione perlomeno quantitativamente uguale a quella di un protagonista e, come anticipato, l'intento mi sembra a tutti gli effetti ottimamente esplicitato.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica