Se le cose perdute diventano un libro

(...) Soprattutto, mi pare bellissimo il fatto che questi ricordi, sempre, facciano riferimento a tempi in cui avevamo molto meno. Ma quel poco (e, per chi ha vissuto la guerra, quel pochissimo) era più che sufficiente a stare meglio di oggi, quando le necessità indotte sono spesso la scusa per inventarsi nuove esigenze e nuove scontentezze. Invece, se dovessi riassumere in una parola quello che traspare dalle lettere, credo che quella parola sarebbe «serenità».
In qualche caso, certo, ci si commuove leggendo alcune lettere. Soprattutto quelle che parlano di persone che non ci sono più, dalla mamma alla moglie, passando per la maestra. Ma sono sempre parole di una bellezza totale e assoluta. Parole d'amore che emozionano. Parole che riconciliano con la vita, con il mestiere, con le tante piccole e grandi nostre miserie di ogni giorno.
Siete stati in tantissimi a richiederci di trasformare tutto questo in un libro. Qualcuno mi ha confessato che ha iniziato a farlo in modo artigianale, iniziando a ritagliare le pagine del Giornale dedicate alle cose perdute e - armato di taccuini, colla e pazienza - a farle diventare un corpo organico, un po' come gli amanuensi di una volta. Noi, dal canto nostro, alle prese quotidianamente con le finanze risicate del Giornale, così come quelle di tutta l'editoria, eravamo alla ricerca di un editore che ci permettesse tutta l'operazione. Operazione certamente redditizia anche dal punto di vista economico, oltre che da quello che mi interessa di più, che è quello delle emozioni, come ha dimostrato l'ottimo livello di vendite del divertente Dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini, edito da Mondadori.
E proprio per questo, devo doppiamente ringraziare il nostro amico e collaboratore Pier Luigi Gardella che, con il suo centro culturale «Storie di Jeri», ha dato la disponibilità per curare la pubblicazione. Gardella, bogliaschino doc che è il vero Storico del golfo Paradiso, (Storico e Paradiso con la maiuscola, in tutti i sensi) pubblica ogni anno i quaderni di Bogliasco, Pieve Ligure e Sori, che raccontano come uno zibaldone storie e personaggi di quei posti e di quei tempi. Un vero capolavoro fatto con pochi soldi, un po' di aiuto delle amministrazioni comunali, ma soprattutto tanta passione.
Vedete, Gardella è un uomo di Chiesa e di Confraternite. E, quando si è materializzato con la sua proposta di pubblicare il libro - proposta coincidente con la richiesta di molti lettori - ho immediatamente pensato a una sorta di angelo custode che portava il dono richiesto. E l'ha fatto in piena linea con le finalità del suo centro studi: «Le nostre ricerche spaziano spesso nei secoli passati, ma quello che state pubblicando sul Giornale è la conferma che anche il Novecento è ricco di tante splendide “Storie di Jeri“».


Nelle pagine pubblicate e in quelle che saranno raccolte, soprattutto, ci sarà la chiave per ritrovare le cose più belle del nostro passato. Non per camminare con lo sguardo voltato indietro. Ma per avere ancora più strumenti per affrontare il futuro. E per regalarli ai nostri figli e nipoti.

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