Se l’arrivo in città è un viaggio nel degrado

Se l’arrivo in città è un viaggio nel degrado

(...) una gimcana di sali e scendi, tra tunnel che portano ai binari sotterranei e scalinate che fanno riemergere alla luce del sole. Il tutto trascinandosi appresso tutto il peso dei propri bagagli, perché sia mai che ci possa essere una via più agevole. O ancora: che non si azzardi ad alzare gli occhi verso l’alto mentre cammina nei sottopassaggi che collegano i binari alla stazione, perché la vista potrebbe risentirne. Al posto del soffitto, lo sguardo resta impigliato in un groviglio di fili, tubi, collegamenti di ogni colore e misura fermi lì a penzoloni da tempo immemore. E che non guardi nemmeno al piano terreno verso quell’immensa voragine proprio di fronte all’ingresso ai binari. Sono i cantieri per i lavori di ristrutturazione, ovviamente. Ma è giusto cronaca di una decina di giorni fa, la vicenda dei lavoratori della Dec, la società che ha vinto l’appalto di Grandi Stazioni per il rifacimento di Principe e Brignole, che sta accumulando ritardi per problemi finanziari. Con i titolari dell’impresa finiti in carcere per un’indagine della procura di Bari e i dipendenti senza stipendio da più di tre mesi.
«Grandi Stazioni ha monitorato e continua a monitorare con la massima attenzione l’evoluzione della vicenda - scrive il Gruppo Fs -, nella prospettiva di salvaguardare le ragioni di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti. Sono stati analizzati tutti i possibili strumenti attraverso i quali consentire la prosecuzione dei lavori nel rispetto dei vincoli posti dalla normativa vigente in materia di contratti pubblici. I problemi da affrontare appaiono particolarmente complessi». La stessa complessità che si respira guardando quella passerella di ponteggi lungo tutto il sottopasso coperti da teli blu per i quali il tempo, appunto, si deve essere fermato almeno da un paio di lustri e non da una decina di giorni, a giudicare dallo stato di abbandono, degrado e sporcizia dell’intero corridoio.
E vallo a spiegare al nostro turista, straniero o italiano che sia, che non ci pensi nemmeno a regolare il suo orologio con quelli dei display elettronici nel sottopassaggio, perché sono rimasti all’ora solare. In una stazione si sa, la precisione delle lancette è una cosa del tutto secondaria. Che non gli venga in mente poi di controllare le partenze degli altri treni, nella malaugurata ipotesi che abbia una coincidenza, perché i pannelli luminosi accanto ai binari sono fuori uso. Ça va sans dire. Se poi fosse proprio un curioso e decidesse di infilare il naso negli occhi delle telecamere, allora, meglio che si faccia coraggio e si arrenda ai misteri inspiegabili della tecnologica, perché nei corridoi dei sottopassaggi, in quello che porta ai binari sotterranei, il muso dei sistemi di sorveglianza oltre a essere spento, punta dritto contro il muro di fronte, come se i malintenzionati fossero tutti esperti dei segreti delle arti marziali, in special modo, quelle insegnano ad arrampicarsi sui muri. Mentre per le persone in carrozzella, non c’è verso di riuscire a portarle dai binari al piano superiore verso l’uscita e viceversa, perché la pedana per gli handicappati è un rottame e, a meno che non prenda un treno sotterraneo o dal binario 1, gli altri sono irraggiungibili.
Se poi, alla fine di quest’odissea, il nostro viaggiatore dovesse essere riuscito a rivedere il cielo aperto, ecco che davanti ai suoi occhi, l’impatto è un altro colpo allo stomaco. Proprio di fronte all’uscita di Principe, c’è un grande quadrato di legno adibito ad area dei rifiuti, a cielo aperto praticamente. Poco più in là, dopo aver scavalcato le aiuole con relativi bivacchi, cartoni e spazzatura varia, ecco che nei giardinetti dove c’è il monumento a Cristoforo Colombo, lo sguardo trova sollievo nella vista dei disperati che hanno trasformato questa aiuola di verde in una mensa pubblica e in un dormitorio. Con le valigie nascoste dietro le palme, i rifiuti che spuntano al posto dei fiori e un’odore di urina che spacca le narici. Mentre accanto gli edicolanti dicono che è una battaglia persa a mandarli via.

«Ci provano un giorno, e l’altro ritornano».
Vallo a spiegare al turista italiano o straniero che qui non c’è nulla di pittoresco o di naif, ma è semplicemente la realtà, dura, cruda e quotidiana. Questa è la stazione principale di Genova.

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