Ventisei torce accese sul monumento ai Caduti di Piazza della Vittoria, per rendere omaggio ad altrettanti martiri dell'eccidio conosciuto come la «Strage di Costa d'Oneglia»: l'iniziativa, organizzata e realizzata dai militanti di «Spazio Avalon-Associazione di promozione sociale, unitamente ad altri esponenti della destra imperiese, si è voluta tenere nelle stesse ore in cui 67 anni prima avvenne il massacro a opera dei partigiani.
Un massacro, avvenuto nella notte tra il 4 ed il 5 maggio 1945 a guerra abbondantemente terminata, che venne attribuito alle formazioni partigiane di ispirazione comunista. Come riferirono a suo tempo alcuni testimoni, si trattò di «un'esecuzione sommaria di 26 fra civili ed ex militari appartenenti o sospettati di appartenere alla Repubblica Sociale Italiana; le vittime vennero prelevate arbitrariamente dalle carceri di Oneglia e assassinate nelle campagne nei pressi di Costa d'Oneglia».
Nonostante la mattanza, la violenza non si placò: il successivo 18 giugno furono ancora prelevate, violentate ed uccise nei pressi di Oliveto due giovani infermiere sospettate di conoscere i nomi degli autori della strage.
«Per il secondo anno consecutivo sottolineano ancora gli organizzatori della cerimonia di accensione delle torce - abbiamo voluto ricordare le vittime di una strage che è stata, in tutti questi anni, volutamente e vergognosamente dimenticata da tutte le istituzioni locali, nonostante le ripetute sollecitazioni. Con questa azione - insistono gli esponenti di Spazio Avalon - intendiamo, inoltre, far emergere con forza la necessità di far luce in maniera definitiva sulla vicenda affinché le generazioni future possano avere un quadro più completo sulla resistenza imperiese e sui suoi valori».
La stessa associazione, in occasione della cerimonia in ricordo delle vittime dell'eccidio, lancia un appello alle istituzioni: «Chiediamo, per l'ennesima volta, innanzi tutto al Comune di Imperia, di riconoscere ufficialmente i Caduti di questa strage quali vittime della violenza partigiana, con chiara ed inequivocabile condanna. L'assordante silenzio che ha circondato questa vicenda per 67 lunghissimi anni non può più essere tollerato!».
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