(...) dei diritti» e succede che, come vi ha raccontato ieri Federico Casabella, il consiglio regionale non ha nemmeno preso in considerazione l'ordine del giorno di Matteo Rosso e Roberto Bagnasco, consiglieri del Pdl, che chiedevano alla Regione di mettere fretta al Parlamento per approvare la nuova legge sulla diffamazione. Un paio di precisazioni importantissime: il testo presentato dai due consiglieri del Pdl era assolutamente rispettoso delle prerogative e dei poteri regionali, insomma perfetto anche dal punto di vista costituzionale. E, come se non bastasse, Rosso e Bagnasco - che sono due persone perbene e due gentleman della politica - erano stati attenti alle virgole, senza attaccare a testa bassa la magistratura e specificando che non mettevano in dubbio la necessità di rettificare notizie imprecise e di pagare se si offende qualcuno, ma semplicemente chiedevano che la diffamazione non fosse colpita con il carcere, secondo la legge fascista ed il codice Rocco. Eppure, Pd, Sel e comunisti sono riusciti a difendere la legge fascista, lasciando al povero Gianni Plinio il ruolo di difensore della democrazia.
Eppure, quel voto rischia di essere un incredibile boomerang per chi non ha firmato quel documento. E soprattutto per il Pd. Innanzitutto, perchè l'Udc di Rosario Monteleone e i dipietristi di Nicolò Scialfa si sono dimostrati gruppi seri e hanno firmato il testo di Matteo e Roberto, per difendere un principio. Poi, perchè hanno dimostrato di essere scollegati dall'opinione pubblica, schierata massicciamente con Sallusti, tanto che ancora ieri ci hanno scritto Mario Sciacca, Rosamaria Pisanello e Marco Marchionni, icastico: «Il signor Dan Serban, cittadino rumeno di anni 36, una sera del febbraio scorso si mise ubriaco al volante a Roma. Travolse ed uccise Marco Picano, suo coetaneo e ferì gravemente la fidanzata di lui. Uscito dalle lamiere, abbandonò in strada un cadavere e si recò nel bar di fronte, dove ordinò una birra. Poi ha patteggiato tre anni di reclusione. Cosa c'entra con Sallusti? A Serban sono state concesse le attenuanti generiche, a Sallusti no. Credo che basti».
Insomma, nel Pd del gruppo regionale ligure sono riusciti in un solo momento ad essere lontani dagli alleati e lontani dagli elettori. Ma, se possibile, hanno fatto anche di più, riuscendo ad essere lontani dal proprio partito. Pensate che, proprio ieri, in Senato, il pidiellino ligure Gigi Grillo, presidente della commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni da cui devono obbligatoriamente passare tutte le leggi che riguardano la stampa, ha fissato tappe forzate incardinandole immediatamente. E infatti l'ordine del giorno della seduta della commissione di Gigi ieri recitava: «Esame congiunto dei disegni di legge «Chiti, Gasparri ed altri - Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, numero 47 e al codice penale in materia di diffamazione» e «Li Gotti ed altri - Modifiche in materia di diffamazione a mezzo stampa». Grillo crede talmente tanto nella battaglia contro il carcere per Sallusti e per i giornalisti in generale da aver scelto di essere personalmente relatore del provvedimento, che ha pure firmato anche lui.
Non basta il vicepresidente Pd del Senato Vannino Chiti a sconfessare il gruppo regionale della Liguria? Ci pensano anche alcuni esponenti illuminati del partito regionale, a partire da Gianluca Mambilla, coordinatore dei renziani genovesi che, come Matteo, si schiera contro il carcere. E, soprattutto, il tesoriere regionale del partito Giovanni Raggi, che è anche assessore tecnico a Santa Margherita Ligure.
Con i suoi modi felpati da Garfield della politica e senza attaccare assolutamente i suoi colleghi di partito, Raggi ha vergato un testo di 96 righe (che, compatibilmente con gli spazi pubblicheremo quanto prima), in cui spiega in punta di diritto l'assurdità della carcerazione per Sallusti e per qualsiasi altro giornalista: «Come è possibile avere una norma nell'ordinamento che, sebbene io non la condivida, permette legittimamente a una Corte di condannare un giornalista al carcere?».
Così il tesoriere chiede di rivedere immediatamente la legge, esattamente quello che i suoi compagni in Regione hanno bocciato. Dimostrandosi la testa più lucida del Pd ligure. E non solo perchè Raggi è praticamente pelato.
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