Italo Calvino a proposito dei libri della Marchesa Colombi scriveva che «è il suo modo di raccontare che prende, il suo piglio dimesso ma sempre concreto e corposo, con un fondo di sottile ironia: quellironia su se stessi che è lessenziale dello humour». Humour ed eleganza, perché la Marchesa Colombi - pseudonimo letterario di Maria Antonietta Torriani (1840-1920), fra le scrittrici più popolari dellultimo 800 italiano, molto nota nei salotti milanesi e attiva nel movimento femminile lombardo di Anna Maria Mozzoni - fu una dama della scrittura (In risaia e Un matrimonio in provincia i suoi romanzi più famosi) e una madama delle buone maniere. Il suo galateo apparso la prima volta nel 1877 e ora finalmente riproposto in una nuova edizione (La Marchesa Colombi, La gente per bene, Interlinea, pagg. 272, euro 10,33), fu un vero bestseller dellepoca, più volte ristampato a cavallo tra Otto e Novecento e passato di mano in mano tra le signorine della «buona società».
Novarese di nascita, già amante di Carducci, poi moglie (e quindi separata) di quel Eugenio Torelli Viollier che fu fondatore e primo direttore del Corriere della sera, Maria Antonietta Torriani oltre a scrivere romanzi collaborava con diversi giornali e riviste come esperta di moda e buona creanza. Niente di più naturale quindi che a un certo punto decidesse di pubblicare un manuale di «convivenza sociale» - «leggi di cortesia messe giù alla buona in meno di un mese», confesserà in una prefazione del 1891 - riservato in modo privilegiato alluniverso femminile. Diviso in sei parti che rispecchiano sostanzialmente il ciclo della vita di una donna (dalla «bambina» alla «signora») articolate a loro volta in capitoli dedicati a diverse figure sociali (la «sposa», la «mamma», la «zitella»...
«La gente per bene» fa così
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