La gente vuole sapere la verità ma lo difende: "Clima di paura"

Tra i negozianti del centro prevale la comprensione per chi ha sparato. "Anche quella è una categoria stressata e quando subentra il terrore..."

La gente vuole sapere la verità ma lo difende: "Clima di paura"

«Se, ribadisco se, il ragazzo morto era armato, è bene che il vigile si sia difeso. E’ vero che, per come sono andati i fatti narrati dai giornali, pare che ci sia una forzatura nella dinamica della vicenda. Comunque è oggettivo che in giro c’è timore per l’eccessiva violenza. Come tabaccaio io non vivo tranquillo». Vito Bux, del bar Cordusio, dice d’essersi fatto un film preciso della vicenda che vede coinvolto il vigile urbano. Attende, per comprendere gli sviluppi, benché sia «doveroso sottolineare che la nostra tolleranza è al limite - ribadisce la moglie Francesca Manfra - e questa non è giustizia».
Per i milanesi non ha ancora i contorni delineati la scena di questa morte, ma «il nervosismo serpeggia in città. Non giustifico il vigile, perché proprio in quanto vigile deve sapere usare correttamente un’arma, ma è vero che sa anche in anticipo che un malvivente ha paura e che in mezzo alla paura ci si comporta in tutti i modi. Dopo la storia del Suv assassino, i vigili sono sotto pressione. Lo sparo potrebbe essere una conseguenza dello stato d’allerta». A dichiararlo è un sudamericano, come la vittima, il peruviano Orlando Carras, 36 anni, del Pierre Caffè in via Broletto, in un centro città che, anche se centro, non si sente tutelato. «Non sappiamo cosa sia protezione. Posso comprendere quello sparo, perché quando rimango qui la notte ho paura. Forse avrà esagerato ma, se le condizioni in cui viviamo non ci infondono tranquillità, per me il vigile ha fatto bene» confessa Gianni Valdati della farmacia sotto i portici in piena piazza Dumo.
Unanime, allo stato delle cose, una riflessione: l’intreccio dei fatti è confuso, eppure sull’imprecisione che ritarda l’opinione finale, vince tra la gente una domanda: in quell’attimo di fuga e pericolo, qual è la reazione dell’uomo? «Istintivamente ho pensato che il vigile non avrebbe dovuto sparare - commenta Elisa Scotti, ricamatrice, dentro al negozio Mani di fata -. Chi rappresenta la legge, deve sbloccare il freno davanti all’ultima emergenza. Credo che se invece dello straniero, ci fosse stato un nostro connazionale, forse quello sparo non sarebbe avvenuto».
Chi ha un’arma, deve avere anche piena coscienza del suo uso. «Avrei cercato in tutti modi di colpire alla gambe, senza uccidere - dice Elena Colombo del Bello dell’Intimo in via Mazzini - ma il vigile ha agito correttamente. Per me è una legittima difesa. Non tengo una pistola, ma se l’avessi e mi sentissi in pericolo... Cosa farei?».
Da che parte far pendere il piatto della bilancia? E’ arduo poterlo affermare con certezza. «Il nostro compito è quello di stare con chi rappresenta le forze dell’ordine - conferma Daniele Oldani della gioielleria Adamas in via Speronari -.

Perché la vittima fuggiva? Se una persona non ha nulla da nascondere non ha alcuna ragione di scappare. E il nostro emerito sindaco vuole togliere la pistola ai vigili? Assolutamente no, in questo momento storico in cui i controllori sono sempre più aggrediti».

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