Giacometti, tutta la realtà in un bozzetto

«Il mio traguardo? Quello di essere il più libero possibile per cercare, con gli strumenti che più mi appartengono, di vedere meglio, di capire meglio ciò che mi circonda». Questi strumenti erano per Alberto Giacometti lo sguardo e il pensiero, prima ancora che il segno, il di-segno e la pittura che sempre lo traghettavano verso le sculture filiformi che lo hanno reso celebere nel Novecento. A questo esistenzialista dell’arte si dedicano questo fine settimana ben due mostre alle porte di Milano: la prima, al Museo d’arte di Gallarate che espone un nucleo di opere provenienti dalla collezione privata degli eredi e mai esposta in Europa da quando ha lasciato lo studio parigino dell’artista. La seconda, a Villa Manzoni di Lecco, mette in scena un’inedita relazione tra «Femmes debout», scultura del 1952, e «l’Ombra della sera», capolavoro etrusco del III secolo A.C.. Piacevole la coincidenza che riaccende i riflettori sul grande maestro svizzero a cui, neppure due anni fa, venne dedicata una grande antologica dalla Fondazione Beyeler. E particolarmente interessante appare l’esposizione del Maga, per la dimensione intima di una raccolta che copre l'intero percorso della ricerca di un artista che proprio alla ricerca, molto più che al valore dell’opera compiuta, dedicò i propri sforzi. Per Giacometti, l’indagine per i riferimenti più inaccessibili della realtà assumeva sempre forme che trovavano la loro espressione più felice proprio nel bozzetto, nello schizzo. «Ogni supporto era valido, le pagine dei libri, un giornale, un pezzo di carta trovato in un caffè» dice Michael Peppiatt, autore di «In Giacometti's Studio», il libro nel quale documenta la ricognizione nell'archivio prima inesplorato di uno dei rami della famiglia. «Per me è stato commovente poter spaziare tra quei 300 disegni, sentivo quasi la presenza di Giacometti, come se i suoi schizzi stessero cadendo direttamente dalle sue mani. Giacometti non stava mai senza una matita in mano o una sigaretta in bocca ed era "afflitto" da una specie di compulsione al bozzetto».

Tanto da schizzare sulla prima pagina di France Soir dei nudi di Christine Keeler, la showgirl che fece tremare l'establishment britannico degli anni Sessanta quando venne riconosciuta come l'amante del Tory John Profumo. Era il 1963. Tre anni dopo sarebbe scomparso all’apice del successo.

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