Nessuna soluzione per il giallo di Civitavecchia. È stato liberato, dopo 48 ore passate in caserma, il cittadino bosniaco da due anni residente in Spagna, fermato venerdì dai carabinieri con due bambini al seguito.
S.D., 42 anni, senza fissa dimora, aveva tentato di imbarcarsi con una ragazzina di nove anni e un bambino di cinque alla volta di Barcellona, città in cui da tempo gestisce un import-export di autovetture usate dai Paesi del Nord Europa verso la Penisola Iberica. La Procura della cittadina portuale, scaduti i termini del fermo di pg per «accertamenti», non ha potuto far altro che lasciar andare lo straniero, pregiudicato fra laltro per rapina, anche se i sospetti su di lui sono pesanti: dal sequestro al traffico di minori, alla falsificazione di documenti. Motivo del provvedimento? I risultati di laboratorio, affidati al Ris (il Reparto scientifico dellArma), non sono ancora pronti. Di sicuro la bambina non è figlia del 42enne, come risulta dalla comparazione del Dna dei due ultimato a tempo di record. Conclusione tuttaltro che certa, invece, per il maschietto. «Sono ancora in corso delicati accertamenti - chiosano i carabinieri impegnati in un'indagine spinosa - per stabilire il legame di parentela fra i tre. La bambina potrebbe essere la figlia di cugini o lontani parenti del quarantaduenne mentre per laltro minore non sappiamo quasi nulla. I due non parlano italiano e solo grazie a un assistente sociale e a un interprete siamo riusciti a ricostruire in parte la loro storia. Però non abbiamo alcuna certezza». «Dobbiamo attendere ancora notizie dalle autorità bosniache e i tempi potrebbero allungarsi - proseguono -. Intanto i due ragazzini sono stati dati in cura a un centro di assistenza per minori della città. Quanto prima potrebbero essere affidati a una struttura di accoglienza a lungo termine».
A complicare il tutto la mancanza di un collegamento diretto fra la banca centrale slava e quella europea. Non solo. Dietro alla vicenda potrebbe nascondersi una triste storia di abbandono e affidamenti illegali, nati durante il caos del dopoguerra nella ex Jugoslavia. Accade tutto laltra sera quando sul molo viene notato un uomo con fare sospetto. Alcuni passeggeri riferiscono al 112 di aver visto una persona strana in fila alla biglietteria. In pochi secondi arrivano i militari. Luomo parla con altre persone, continuando la messinscena. Incalzato dalle domande non può fare a meno di ammettere che i due bambini sono con lui. «Sono miei figli» dirà. Non è vero. Il passaporto della bambina, in particolare, risulta contraffatto. Sufficiente per finire in caserma.
Qui S.D. cambia più volte versione, contraddicendosi in continuazione. «Sono il padre solo di uno, laltra è una nipote». Poi: «Li hanno affidati a me e a mia moglie appena nati». E ancora: «La bimba è figlia di una mia lontana parente in difficoltà economiche. È con me da anni».
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