Il giallo di Gradoli Sulla piccola Erika scontro tra legali

LA DISPUTA L’avvocato della madre, scomparsa con l’altra figlia, chiede che la bambina sia tolta ai nonni paterni dai quali non saprà la verità

Gradoli. Due donne scomparse, un uomo, Paolo Esposito, in carcere per duplice omicidio, sua figlia Erika, figlia di Tatiana Ceoban, dai nonni paterni. Gli stessi che, sicuramente, difendono il figlio, il suo papà, dalle pesanti accuse. È giusto lasciarla in quella casa? Se lo chiede l’avvocato Luigi Sini, legale della moldava proprio durante il periodo in cui Paolo e Tania si contendevano l’affido della bambina, ora rappresentante della parte lesa, la madre della donna, Elena Nikifor, 64 anni. «Tra gli interessi della piccola Erika c’è quello di preservare il miglior ricordo della madre e della sorella - sostiene Sini - che, temo, non potrà mai più rivedere. Per questo sono sorpreso dalla sicurezza con la quale c’è chi afferma che il bene della minore sia quello di rimanere con i nonni paterni». Una sottoscrizione lanciata da un quotidiano locale on-line da giorni divide gli abitanti del paesino alle porte di Bolsena. Una settimana fa il Tribunale dei Minori di Roma revoca la patria potestà della bimba al padre. Il giudice la affida al sindaco di Gradoli Luigi Buzi. Intervengono i servizi sociali della Asl per decidere il suo futuro: una casa famiglia nel viterbese o a Montefiascone. Da questa notizia l’iniziativa su un blog per sensibilizzare gli “addetti ai lavori” e lasciare Erika da nonno Enrico, un carabiniere in pensione, e dalla nonna che «vivono solo per la nipotina e vedere il figlio in libertà» sottolinea l’avvocato Enrico Valentini. «Nessuno sa quale verità sia stata detta alla piccola - ribatte Sini - è lecito pensare che i genitori di Esposito siano convinti che Tatiana ed Elena si siano allontanate spontaneamente. Davvero qualcuno pensa che sia interesse della minore farle credere che la madre l’abbia abbandonata? Se il padre risulterà innocente avrà tutta la vita per potersi spiegare con la figlia.

Tatiana ed Elena, invece, non potranno mai più spiegarle quello che è realmente successo sabato 30 maggio. Per questo credo che la bambina abbia tutto il diritto di vivere in un ambiente nel quale non sia costretta a subire nessun tipo di condizionamento».

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