Fini non sta solo cominciando la sua campagna elettorale. È convinto che lavventura del Cavaliere sia finita. È il successo della sua strategia, il risultato di unalleanza siglata più di un anno fa con il «partito dei giudici». Il suo obiettivo è personale: odio Berlusconi e lo voglio in ginocchio. È di potere: sono io il leader legittimo della destra. È culturale: bisogna cancellare anche la memoria del berlusconismo. Dietro ogni sua parola ci sono questi tre sentimenti. È dal 14 dicembre, da quando incassò la sconfitta sulla sfiducia, che rivendica e prepara questo discorso. Fini sapeva che lazione della Boccassini non era solo lapertura di uninchiesta, ma il verdetto per una condanna morale e pubblica del presidente del Consiglio. Quando parla di presunzione di innocenza dà già per scontato che Berlusconi è per definizione colpevole. Dove porterà questa strategia? A conquistarsi in primo luogo una patente di estremista berlusconiano, molto più radicale del più radicale dipietrista. Il dubbio è se questo a livello elettorale paghi. Ma fini da tempo ha smesso di rincorrere le regole della democrazia. Il suo obiettivo è conquistare il consenso di quelli che contano: i poteri forti economici e culturali. È per questo che applaude la Marcegaglia: «Ha detto la verità sui sei mesi persi. È stata molto chiara». Ripete i discorsi di Tonino: «Presenteremo una legge per liste pulite». Strizza locchio al film di Albanese: «Qualunquemente traccia uno spaccato della realtà politica italiana». Tutto questo lo dice da presidente della Camera, senza mascherare la sua partigianeria. Tra i suoi nuovi colonnelli cè chi lo invita a dimettersi per avere le mani libere. È una mossa politica razionale. Ma lui resta lì solo per indispettire Berlusconi.
Lunico fastidio è ludienza del due dicembre, quando il gip di Roma deciderà se archiviare la storia di Montecarlo. I magistrati sono i suoi alleati, ma quello è il suo grande buco nero. Lì cè il fondo della sua anima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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