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La Giordania bombarda Mosul La coazione anti-Isis si spacca

Dopo aver giustiziato la kamikaze iraniana, la Giordania ha intensificato i raid su Mosul. Ma gli Usa sono alle prese con la grana Abu Dhabi. Sostieni il reportage

La Giordania bombarda Mosul La coazione anti-Isis si spacca

Dopo l'uccisione del pilota Muadh Kassasbeh, la Giordania dichiara guerra all'Isis. Oggi Amman ha infatti giustiziato la terrorista iraniana che il Califfato voleva come contropartita per la liberazione dell'ostaggio giordano. Poi "ha bombardato Mosul, uccidendo 55 membri dell’Isis tra cui un loro leader, Abu-Obida AL-Tunisian", come riferiscono su Twitter account vicini ai Peshmerga curdi.

Al momento la notizia non è verificabile, ma altre fonti vicine ai curdi, parlano di 37 uccisi in raid condotti su "al-Kesk" una località nella zona ovest di Mosul. Poco prima, il re Abdullah aveva minacciato una "severa risposta" per l’uccisione del pilota giordano: "Li colpiremo sul loro terreno", ha detto. Un portavoce del governo di Amman, Mohammad al-Momani, aveva riferito che la Giordania "intensificherà gli sforzi per fermare l’estremismo, indebolire ed eventualmente finire l’Isis". Affermazioni che secondo responsabili Usa citati dalla Cnn vanno tradotte con la richiesta giordana di condurre più raid contro l’Isis.

Nella coalizione anti-Isis però si notano le prime crepe dopo mesi di raid aerei in Iraq e in Siria che sembrano non aver arrestato l’avanzata dei jihadisti. Gli Emirati Arabi avrebbero infatti sospeso la partecipazione ai bombardamenti a dicembre, dopo la cattura del pilota giordano arso vivo dai militanti dello stato islamico. Si tratta di un brutto colpo per il presidente americano Barack Obama, che rischia di perdere il sostegno di un alleato chiave nella lotta agli estremisti sunniti.

Per la lotta ai terroristi, infatti, da sempre la Casa Bianca cerca l'alleanza dei Paesi arabi moderati, come - appunto, gli Emirati Arabi. Già da qualche mese però Abu Dhabi aveva mostrato un certo nervosismo nei confronti di Washington, criticandola per aver permesso all’Iran di giocare un ruolo crescente nella lotta allo stato islamico. Poi è arrivato l’episodio del pilota giordano preso in ostaggio che avrebbe accresciuto il timore per i piloti dei propri caccia, oltre a mettere in discussione il ruolo degli Usa nelle operazioni di "search and rescue" (ricerca e salvataggio degli ostaggi).

A lamentarsi con l’ambasciatore americano ad Abu Dhabi, Barbara Leaf, sarebbe stato lo stesso ministro degli esteri emiratino, al punto che il Pentagono avrebbe chiesto che tali operazioni partissereo dall’Iraq del nord, invece che dal Kuwait come avviene oggi per intervenire più tempestivamente.

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