Roma - Le sorti dello storico quotidiano napoletano Il Roma, legato alla famiglia di Italo Bocchino, sono appesi a un filo. I venti giornalisti sono senza stipendio da settimane (la mensilità di novembre sarebbe stata saldata, mancano ancora dicembre e gennaio) e la cooperativa che lo edita non naviga in buone acque, visto che ha chiuso l’anno scorso con un rosso da oltre 300mila euro «azzerato» dai soci. L’alibi agitato dalla società? È colpa del governo, visto il mancato introito del finanziamento pubblico, da cui il Roma attinge da tempo. I soldi del 2009, pari a 2.530.638,81 euro, sono stati congelati dal Dipartimento per l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri. In una lettera firmata da Antonella De Novellis, la responsabile dell’erogazione di Palazzo Chigi, si giustifica lo stop con una serie di chiarimenti richiesti dal Garante per l’editoria Corrado Calabrò. Risultato: per ora la società editrice di cui fa parte lady Bocchino, al secolo Gabriella Buontempo, continua a non versare la busta paga ai propri dipendenti.
Secondo l’amministratore unico del Roma Salvatore Santoro, contattato dal Giornale, la questione è legata alla governance del giornale. La proprietà della testata è di una società per azioni, la Roma spa di Ivo Virgili, che ha ceduto in affitto la testata a una cooperativa di giornalisti (unico soggetto titolato a incassare i soldi del finanziamento pubblico) che è composta da sette persone: Salvatore Santoro, il direttore Antonio Sasso, la moglie di Bocchino, l’impiegata del Roma Giuseppina Scolavino, lo stampatore Augusto Celetti e Antonio Schiavone (cognato di Bocchino perché ha sposato sua sorella Patrizia). Questo meccanismo di controllo «voluto da Palazzo Chigi nel 2001», precisa al Giornale lo stesso Santoro, adesso potrebbe invalidare la concessione della sovvenzione pubblica.
Insomma, un pasticcio. Già l’anno scorso per sbloccare i contributi 2008 ci sono voluti sei mesi e una guerra di carte bollate davanti all’Avvocatura di Stato. Quest’anno la battaglia legale si annuncia in salita, a tutto svantaggio della redazione, costretta a firmare nel 2011 (come l’anno scorso) i cosiddetti «contratti di solidarietà», che comportano un taglio del 30% degli stipendi, ridotto al 5% grazie a un generoso contributo Inpgi. Quest’anno, si vedrà. «Parliamo di 2 milioni di euro di costi del personale», ricorda l’amministratore Santoro, «ma parliamo anche di un giornale vero, che va in edicola tutti i giorni e che non si fa condizionare la linea editoriale da nessuno, nemmeno da Bocchino». Sarà. Il direttore del giornale, Antonio Sasso, conferma il malessere della redazione e ricorda che quando era allegato al Giornale, il Roma era riuscito a vendere a Napoli più di 15mila copie. Altri tempi.
I guai del Roma avrebbero indotto la famiglia Bocchino e soci a cedere la storica testata. L’amministratore Santoro nega, ma si parla di un forte interessamento dell’imprenditore napoletano Alfredo Romeo: proprio lui, quello della Global Service condannato a due anni con pena sospesa dopo l’inchiesta sugli appalti al Comune di Napoli che lambì lo stesso Bocchino e spinse al suicidio Alfredo Nugnes del Pd. Romeo nega («Bocchino è un mio amico ma in questo Paese e in questo momento storico l’editoria è un settore da cui stare alla larga») eppure solo due mesi fa, come ricorda il sito iustitia.it, la società di consulenza Deloitte aveva piantato le tende in redazione per fare una valutazione del giornale, come è stato anche spiegato alla redazione.
Maliziosamente, lo stesso sito ricorda che «lo staff del braccio destro di Fini, coordinato dal commercialista Francesco Ruscigno e formato da Santoro, Virgili e dal direttore generale Maurizio Fabozzi» ha iniziato a chiudere alcuni contenziosi giudiziari aperti da anni: l’avvocato casertano Nicola Ferro avrebbe transato 20mila euro per scongiurare il sequestro della testata; altri 60mila sarebbero finiti a un medico che sarebbe stato diffamato, cifra «arrivata solo alla vigilia dell’udienza camerale davanti al tribunale di Roma - ricorda il sito - che doveva discutere l’istanza di fallimento presentata dall’avvocato del medico, Beniamino Salerno». Ancora aperta invece la querelle con l’ex direttore Enzo Palmesano, l’ex Secolo d’Italia licenziato dal Roma il 15 dicembre 1996 senza mai aver percepito un euro e al quale il giudice ha da tempo dato ragione. Per i giornalisti del Roma si annunciano tempi durissimi.
felice.manti@ilgiornale.it