Una gioventù bruciata assetata di trasgressione

Ragazze e ragazzi che scendete in piazza e di­scendete da quelle fa­miglie un po’ sfasciate come le vetrine o addirittura bruciate come le auto e le ca­mionette, ho capito chi vi ispi­ra. Non dirò come vi aspettate, la sinistra o le sue frange estre­me, i docenti incattiviti, che fal­liti come ricercatori si rifanno come ricercati. E nemmeno i centri sociali,i black bloc o l’in­­filtrato brigadiere Tonino Di Pietro. Lascio ad altri il compi­t­o di notare tutto questo prese­pe. Io dico che voi siete seguaci ignari di un dio antico, precri­stiano, che riaffiora periodica­mente, si rivide nel Sessantot­to, e si vede ribelle nelle feste aggressive all’aperto come nei festini trasgressivi al chiuso. Vi ha stregati Dioniso, lo stes­so dio che rovinò molti vostri padri. Siete diventati suoi de­voti a vostra insaputa. Voi cre­dete che si viva meglio oltre­passando il confine, violando la zona rossa, trasformando le inibizioni in esibizioni, var­cando i limiti imposti dall’au­torità, dalla natura, dalla vita e dalla legge. Voi pensate che li­berando le energie di dentro, gli impulsi, i desideri, sarete più felici e più veraci, liberi e sovrani della vostra vita. E a vo­stra insaputa, come accadde già ai vostri genitori ma in altre storie e per altri mondi, avete bruciato il dio della forma e della luminosità,dell’ordine e della misura, che per i greci era Apollo, e siete diventati seguaci di Dioniso, che per i romani era Bacco. Lui è i l dio vitale dell’ebbrezza e del delirio, i l dio notturno e trasgressi­vo, il signore della società liquida versata negli ecces­si e della festa selvaggia, questa sì veramente selvag­gia, cari americani grezzi. Ho pensato a Dioniso in tre occasioni diverse. Guar­dando gli scontri d i piazza, i fuochi appiccati, i l delirio di partecipazione ad una festa furiosa, indipenden­temente dalle ragioni del­la protesta. Attratti dalla confusione, vogliosi d i var­care la zona rossa, il divie­to che eccita il delirio di tra­sgredirlo. U n Gasparri esa­sperato funge da alcol per appiccare i l culto dionisia­co del fuoco. La peggior violenza che ho visto nei cortei non è stata negli scontri m a quell’aggressio­ne assurda tra compagni: una violenza insensata, che abbatte l’altro come i n un gioco virtuale, una vio­lenza che non è figlia di uno scontro personale m a di u n clima, di u n contagio elettrico che c’è nell’aria e che fa paura. Il peggior de­lirio dionisiaco. Poi sono andato al cine­ma e ho visto «La bellezza del somaro», animale dio­nisiaco presente nella sua mitologia e nel suo profeta Zarathustra-Nietzsche. Il film, scritto da Margaret Mazzantini e protagonista Sergio Castellitto, è l a foto­grafia grottesca, diverten­te anche se esagerata, de­gli effetti collaterali e d epi­gonali di Dioniso: dal ses­santottismo patetico alla gioventù scoppiata del pre­sente, i genitori permissivi e giovanilisti superati dal­l a trasgressione senile del­la loro figlia, in un quadro d i famiglie dionisiacamen­te deliranti e ormai dissol­te. Devote a Lacan, poi a Hillman, infine al Nulla surreale delle canne. Nel frattempo leggevo uno scritto giovanile di Giorgio Colli, «Apollineo e dionisiaco», ora edito da Adelphi. Sin da giovane Colli amò i presocratici e Nietzsche, e come lui divi­se il mondo in un’opposta devozione: a l dio della for­m a espressiva, Apollo, e al dio dell’interiorità libera­ta, Dioniso. Estetica con­tro estasi. Il testo mi pare­va acuto e originale fino a che h o pensato che Colli, e forse un po’ anche Nietz­sche, usa due suggestive categorie mitologiche ma ricalca una vecchia dicoto­mia scolastica: Apollo e Dioniso sono gli pseudoni­mi di Classico e Romanti­co. A l primo si addice il cul­to armonioso della forma espressiva, il senso dell’or­dine e della misura, la rego­la e il confine. Al secondo invece si addice la tempe­sta dell’interiorità, la con­fusione degli elementi, la mescolanza e il caos, l’eb­brezza e l’orgia, l a malattia e l’eccesso. Vuoi vedere che pensando di seguire Nietzsche e l a filosofia pre­socratica, Colli parafrasa­v a D e Sanctis e la critica let­teraria dell’Ottocento? Vuoi vedere che Apollo e Dioniso sono i nomi d’arte del bello e del sublime in Kant? Anche gli autori che Colli divide in dionisiaci e apollinei, potrebbero divi­dersi in classici e romanti­ci, senza colpo ferire. I ro­mantici Beethoven e Wa­gner, Shelley e Keats, Hol­derlin e Leopardi, ribattez­zati dionisiaci... Prima del­le piazze, Dioniso si vide nelle biblioteche, con Ke­reny, Zolla, Maffesoli. Ma torno dai libri alle prote­ste, portandomi appresso il libro di Colli come uno strano tom tom per orien­tarmi nelle strade della ri­volta. «Quando la sua soli­tudine trabocca di vissu­tezza egli sente il bisogno di agire, di comunicarsi agli uomini e cerca affan­nosamente simboli visivi che esprimano i l suo inter­no »; non è u n verbale della polizia, grazie a Dio, ma forse spiega l’anima della rivolta più delle rivendica­zioni politico- sindacali­studentesche. La voglia di varcare il limite, di vivere di più in una festa primiti­va e crudele, di sfasciare il mondo di cui sono figli e utenti. Certo, poi ci vuole l’apollinea polizia per fre­nare le violenze dionisia­che. Dioniso è pure il dio dell’ebbrezza e dell’orgia, della droga e del fumo, del­la velocità e dell’ubria­chezza. E la passione dioni­siaca per l a notte, per gene­razioni che dormono di giorno per vivere la notte.

Dioniso il mutante offre una versione al coperto, da delirio domestico-not­turno e una versione da strada, d a delirio diurno d i piazza. Voi pensate che vi spinga in piazza Berlusco­ni o la Gelmini; e invece è Dioniso, a i saldi d i fine sta­gione. Un Babbo Natale capo­volto per il vostro consumi­smo rovesciato.

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