Goldoni secondo Wertmüller «La vedova», favola-labirinto
6 Dicembre 2008 - 03:12Enrico Groppali
«Di belle edizioni della Vedova scaltra ne abbiamo viste tante», dichiara con la simpatia di sempre Raffaella Azim, lattrice veneziana per ventanni cittadina milanese, che dopo essersi fatta le ossa al Pier Lombardo ai bei tempi di Testori e Franco Parenti, torna ora da protagonista nella città che vide i suoi inizi. «Oltre a quella della Moriconi diretta da Enriquez che fece il giro del mondo e che ammirai da bambina - continua -, ricordo la strepitosa interpretazione di Adriana Asti a Verona e, perché no, anche ledizione espressionista di Cobelli dove Rosaura si rivoltava inutilmente contro le maschere. Ma nessuna - dico proprio nessuna - è lontanamente paragonabile alla nostra», soggiunge con orgoglio questa eterna ragazza dalla risata squillante.
Superfluo chiederle cosa ci sia di diverso, se non di allettante, nellallestimento firmato dalla vulcanica Lina Wertmuller dove la fa da padrone - fin troppo, dicono alcuni - la scenografia mostre di Enrico Job, il geniale consorte della regista ahimè scomparso pochi mesi or sono, e che i milanesi vedranno al Carcano a partire dal 26 novembre.
«E'superfluo - confida infatti Raffaella - per due buone ragioni. La prima dipende dal carattere estroverso di Lina. La quale,pochi se ne ricordano, in teatro cominciò la sua carriera e al teatro ritorna ogni volta che può».
E la seconda ragione? «Dipende ancora dalla Wertmuller - prosegue la Azim con fervore -. Dato che Lina ha avuto la geniale idea di farci cominciare lo spettacolo nel delizioso vernacolo caro a Goldoni spingendoci a condurre idealmente per mano lo spettatore nei meandri di questa favola-labirinto. A torto troppo spesso considerata un pretesto giocoso o, peggio ancora, unariosa vacanza dellautore della «Locandiera».
È vero che lazione ruota attorno a un letto gigantesco? «Non vero, verissimo - ride a squarciagola la protagonista -. Ma non certo per sottintendere con malizia lerotismo della signora Rosaura. Non dimentichiamo, come ci fa intendere ironicamente Goldoni, che la povera vedova, rimasta anni ed anni legata a un consorte oltre che vecchio malato duggia e di rabbia, le diede certo poche soddisfazioni».
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