Dopo l'ultima puntata di Report, il lunedì della politica si infiamma di nuovo sul Garante della Privacy. Le opposizioni cavalcano la vicenda e chiedono le dimissioni di tutto il Collegio. Ma la premier Giorgia Meloni ricorda a Elly Schlein e alleati che i componenti dell'organismo furono nominati durante l'esecutivo Pd-M5s e che, in ogni caso, il governo non ha le competenze per azzerare l'Autorità. Ad attaccare, fin dalla mattinata, è l'opposizione. In prima fila ci sono dem, Cinque Stelle e Avs. Si fa sentire Schlein. «Sta emergendo un quadro grave e desolante sulle modalità di gestione del Garante per la Privacy che rende necessario un segnale forte di discontinuità. Penso che non ci sia alternativa alle dimissioni dell'intero consiglio», ne approfitta subito la segretaria del Pd. Che incalza: «Senza un azzeramento e una ripartenza sarà impossibile ricostruire la fiducia dei cittadini nell'istituzione che deve tutelarne i diritti e assicurare la necessaria terzietà del collegio, anche rispetto alla politica».
A rispondere all'assalto è la presidente del Consiglio. «L'autorità è eletta dal Parlamento, non abbiamo competenza sulla possibilità di azzerare l'Autorità. È una decisione che casomai spetta al collegio», chiarisce Meloni. Che poi sottolinea come l'attuale composizione dell'Authority sia stata decisa ai tempi del governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte, ora leader del M5s. «Una cosa la voglio dire: questo garante è stato eletto durante il governo giallo-rosso, quota Pd e M5s e ha un presidente in quota Pd, dire che sia pressato da un governo di centrodestra mi pare ridicolo. Se il Pd e i Cinque Stelle non si fidano di chi hanno messo all'Autorità per la Privacy, non se la possono prendere con me, forse potevano scegliere meglio», replica la premier. Ribadisce il concetto il responsabile organizzazione di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli: «Pd e M5S invocano lo scioglimento dell'Autorità per la Privacy, nominata dal Parlamento durante il Governo Conte II, sostenendo che sarebbe politicamente schierata con Fratelli d'Italia. Peccato che, all'epoca delle nomine, Fratelli d'Italia rappresentasse appena il 4% dei parlamentari e che le scelte fossero interamente nelle mani di PD e M5S». Sciogliere i vertici della Privacy? «Fdi è favorevole, con grande slancio e giubilo, allo scioglimento di qualsiasi ente o autorità nominata dalla sinistra», risponde Donzelli. Eppure, le opposizioni non rinunciano a salire sulle barricate, proprio ù durcon lo stesso Conte. «Le istituzioni di garanzia non possono diventare succursali di partito o di Colle Oppio», attacca l'ex premier giallorosso dai banchi della Camera. «Noi chiediamo a nome del M5s l'azzeramento del Garante della privacy che ha perso la necessaria forza, credibilità e autorevolezza», insiste. Poi risponde direttamente a Meloni: «Dichiara di non avere competenza, quanta ipocrisia...C'era competenza quando» da leader di FdI all'opposizione «si scambiava i messaggini con Ghiglia». Insomma, l'ultima puntata di Report scatena la bagarre. «Serve che l'intero consiglio si dimetta subito», segue a ruota Angelo Bonelli.
Il centrodestra reagisce compatto. Per Enrico Costa, di Forza Italia, «Pd e M5s sono il juke box di Report». «Rinnoviamo la solidarietà al giornalista Ranucci - dice Federico Mollicone di FdI in Aula alla Camera ma presenteremo anche una interrogazione parlamentare: quello di Report non sempre è un giornalismo di inchiesta ma militante, un giornalismo a tesi».
E nel dibattito interviene anche Sigfrido Ranucci, ospite a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1. «Ci sono anche uno della Lega e uno di Fratelli d'Italia, anzi l'unico proprio organico a FdI è proprio Ghiglia mi pare», risponde a Meloni, precisando che la frase della premier «è corretta dal punto di vista istituzionale». Ma in serata è ancora più duro a otto e mezzo su La7. «Donzelli scorda il metodo Boffo, fatto dai giornali di altra proprietà.
Solo chi non conosce le tecniche di giornalismo può dire che la nostra è un'inchiesta fatta dopo la sanzione. Negli anni il Garante della Privacy si è trasformato in un tribunale politico». E bolla come «ca..ate» le ipotesi su una sua candidatura in quota M5s.