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L'unità dimenticata

Nei momenti più alti e drammatici della sua storia, questo Paese è sempre stato capace di mostrarsi unito nella guerra alla mafia e al terrorismo

L'unità dimenticata

Nei momenti più alti e drammatici della sua storia, questo Paese è sempre stato capace di mostrarsi unito nella guerra alla mafia e al terrorismo. Su argomenti così delicati la classe dirigente ha sempre avuto una sorta di automatismo comportamentale che ne ha garantito la compattezza. E anche i distinguo (vedi la posizione trattativista di Bettino Craxi sul caso Moro) non sono mai scaduti nella polemica tra partiti, privilegiando alla fine, sempre e comunque, l'unità di intenti. Quello che è successo in questi giorni, invece, ha precipitato questi argomenti nella tenzone politica, facendo perdere in alcuni momenti a molti il lume della ragione. Soprattutto nella bagarre si sono persi il senso del limite e alcuni dati della realtà che ieri il ministro Nordio ha fatto bene a ricordare.

Ad esempio, nella condizione attuale il mantenimento del 41 bis (di cui per altro, a parte qualche anima bella dell'intellighenzia nostrana, nessuno ha chiesto l'abolizione) è una condizione imprescindibile sia nella lotta alla mafia sia in quella al terrorismo, specie se quest'ultimo fenomeno avesse una recrudescenza come sta accadendo in queste settimane con attentati, minacce e ricatti. Non è, quindi, nella disponibilità di nessuna forza politica l'intenzione di privare lo Stato di uno strumento fondamentale per far fronte ad emergenze di questo tipo. A meno che qualcuno non sia convinto - e la sinistra dice il contrario ogni due per tre - che la mafia sia finita. Per cui dividere il Paese tra sostenitori del 41 bis e contrari è un nonsense.

Come pure è un nonsense, sempre a sinistra, tirare in ballo il governo sul 41 bis applicato ad Alfredo Cospito: la valutazione sull'esigenza di sottoporre il detenuto al carcere duro appartiene alla magistratura. Il ministro della Giustizia ha solo un potere di ratifica. Nulla di più, sempre che valutazioni politiche non lo portino a negarla. Dire il contrario, accusare come ha titolato un quotidiano che «la Meloni vuole Cospito morto», è una mezza scemenza. Soprattutto va contro uno dei totem della sinistra, l'autonomia della magistratura, su cui magari il sottoscritto ha un atteggiamento più laico ma sicuramente (sempre che non ci sia stata nel frattempo una rivoluzione culturale) piddini, grillini & soci no.

Nel contempo, usare nello scontro politico documenti riservati, intercettazioni del Dap, pezzi di istruttorie e dati sensibili ricorda pagine non certo lusinghiere della vita politica. È materiale che dovrebbe restare nelle stanze ovattate di organismi dedicati e non trasformarsi in materiale di lotta tra partiti. In una vicenda abbastanza simile, agli albori della Seconda Repubblica, un presidente dell'anti-mafia si dimise. Altri tempi, altra classe dirigente.

Ma a parte ciò, quello che dovrebbe preservare l'attuale classe politica in questi frangenti, e torniamo al punto, è soprattutto la capacità di coesione nella lotta contro due tumori sociali come il terrorismo e la mafia.

Perché si può star sicuri che le cronache di questi giorni, l'immagine di un Parlamento diviso nella risposta da dare a questioni così delicate hanno strappato nell'ora d'aria un sorriso compiaciuto a mafiosi e terroristi del 41 bis.

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